Parte II - Piante prataiole
àgghiu - aglio, pianta coltivata per il bulbo globoso composto di bulbilli, i quali sono usati come condimento in svariati cibi. Una volta il medico condotto ai malati d'ipertensione prescriveva uno spicchio crudo oppure due spicchi lessi al dì. Le mamme ai bambini sofferenti di vermi intestinali appendevano al collo una filza di bulbilli scorticati, sperando che i parassiti viscerali, spinti dall'acre odore aspirato dell'aglio, evacuassero l'intestino.
ànesi - anice o anace, pianta erbacea spontanea annuale, con foglie alterne e fiorellini bianchi raccolti a ombrelle. Queste infiorescenze, ricche di semini contenenti
lu ssènziu de ànesi
, venivano bollite e l'infuso era sorseggiato come sedativo degli spasmi nervosi.
astru - aster o amello, pianta spontanea perenne dai capolini a stella, gialli quelli centrali e violacei quelli esterni, i quali venivano colti e sistemati in vasetti davanti alle immagini del Cuore di Gesù, della Madonna, dei cari defunti.
ausapieti - tribolo, erba strisciante infestante, fornita di frutti induriti, aculeati, pungenti, che facilmente penetrano nelle piante dei piedi del passante scalzo, il quale per la trafittura
àusa li pieti, solleva i piedi per estrarre l'aculeo.
bampaculi - specie di ortica, pianta spontanea comune lungo i margini delle viottole; si erge in un unico stelo ed ha foglioline lineari coperte di leggera peluria e fiorellini gialli a corimbo. Queste piante puzzolenti, strofinando sotto le natiche della bestie o contro le gambe nude delle contadinelle, provocavano irritazione della pelle, donde il nome che significa "avvampa glutei".
becònia - begonia, pianta erbacea pluriennale dalle foglie pelose e dai fiori rossi persistenti da marzo a ottobre. Le
becònie semprici erano coltivate in vaso e poste sui davanzali delle finestre;
le becònie nnargentate, più rigogliose dalle foglie asimmetriche chiazzate di grigio argenteo, erano sistemate su colonnine per adornare gli angoli del soggiorno.
biàa - biada, avena. Le piante erano coltivate come foraggio e, falciate ancora verdi o già secche con le spighette pendenti, erano date ai bovini e agli equini. I chicchi trebbiati, contenendo sostanze energetiche ed eccitanti, erano riservati ai cavalli.
Alli ciucci nienti biàa! Con il cannello i pastorelli si costruivano una trombetta dal suono stridulo.
biàa resta - avena fatua, pianta selvatica spontanea, detta anche
biàa pàccia, biada matta perché emette tante spighe ricche di glume ma poi trascura di riempirle di grani.
brucàcchia - portulaca o porcellana, erba carnosa con foglie riunite a ciuffo e con fiorellini giallognoli su steli striscianti; cresce nei coltivi ma non è infestante. In annate di carestia le foglie di questa pianta venivano mangiate in insalata insaporite con abbondante peperoncino.
brunitta - felce maschio che cresce spontanea nei luoghi umidi sempre in ombra. Era ricercata dai pecorai i quali sulle foglie opportunamente sistemate ponevano le ricotte da portare al mercato.
bufone - buffone o golpe, specie di graminacea che cresce eretta tra le piante di frumento e produce spighe colme di polvere nera attaccaticcia che, spandendosi, sporca e infetta i chicchi dei cereali. Con tale polvere untuosa i giovani campagnoli giocherelloni si disegnavano i baffi, la barbetta e le basette e così truccati si facevano vedere dalle contadinelle del campo vicino.
café mericanu - veccione, bella pianta prataiola, con lunghi steli contorti ricchi di foglie composte pennate, la quale produce baccelli a doppia siliqua che racchiudono una decina di semi ciascuno. Una volta le donne tostavano i chicchi essiccati, li macinavano e ottenevano un povero succedaneo del vero caffè.
cannazza - cannareccia o sorgo selvatico, graminacea perenne, infestante, con esili fusti nodosi eretti e con radici carnose a segmenti, le quali sottraggono sostanze nutritive alle piante circostanti.
capumilla - camomilla, erba spontanea nei campi incolti e nei prati, glabra; ha foglie alterne pennate e fiori aromatici in capolini con disco giallo e con petali bianchi. I fiori secchi erano usati in infuso a dosi come rimedio medicinale ad azione diuretica, febbrifuga e pure antispastica sulla muscolatura del tubo digerente. In estate le nostre nonne raccoglievano a mazzi le piante seccate, le appendevano alla parete della cucina e le conservano per ogni occorrenza.
cardinale - amaranto, pianta erbacea dalle vistose infiorescenze crestate a fiori piccoli verticillati di colore rosso cardinale. I ragazzi fissavano il grosso capolino cremisi sul berretto per simulare il pennacchio dei carabinieri.
cardu acantu - acanto, la nota pianta erbacea prataiola, spontanea, dalle foglie argentee spinose e dai fiori raggruppati sull'unico stelo. È noto che nell'antica Grecia le ampie foglie intagliate furono prese a modello del fregio del capitello corinzio.
cardune - cardo mariano, pianta rustica tutta spinosa, con foglie grandi frastagliate e con fiori grossi in capolini filamentosi di colore lilla o rosso porpora; ottimo rifugio delle lucertole in pericolo di essere assalite dalla gazza o dal falco.
carota russa - barbabietola da orto, di cui si mangiavano insieme foglie e radice carnosa affettata: prima lessate e poi condite con olio e aceto, oppure insaporite con molto aglio sminuzzato.
cciticani - colchico, pianta ruderale bulbosa con foglie lanceolate e fiori viola rosati; il bulbo e i semi sono tanto velenosi da uccidere un cane se ne mangiasse. Eppure, i malati gravi di gotta si curavano bevendo un bicchierino al giorno di decotto di tale erba.
cecora resta - cicerbita o crespigno, erba prataiola, spontanea, con foglie sdraiate variamente divise, tenere, commestibili; le piante, raccolte in quantità, erano vendute al mercato e gustate sia lessate e sia soffritte con pezzetti di lardo.
cecuta - cicuta, pianta ruderale, non infrequente lungo i margini erbosi dei viottoli; ha fusto esile e ramoso, foglie pennate scure, fiori bianchi a ombrelle; la pianta ha un odore sgradevole di topo ed è velenosa. Nell'antica Grecia il filosofo Socrate, incarcerato, fu condannato a darsi la morte trangugiando il decotto di cicuta.
centunnùture - centinodia, erba strisciante con steli esili dai molti nodi e foglioline. Il succo della pianta pestata era usato sulle ferite come emostatico.
cepuδδa - cipolla, la nota pianta di odore e di sapore forte, con bulbo di squame carnose, foglie scanalate e scapo terminante con una ombrella di fiorellini bianchi; viene coltivata in filari per il suo bulbo che è usato, sia crudo che cotto, come condimento e alimento.
cepuδδazzu - scilla, pianta erbacea con grosso bulbo, scapo eretto, foglie allungate e fiori in grappolo. I sofferenti di bronchite cronica usavano infusi di squame del bulbo, abbastanza efficaci per le loro proprietà espettoranti.
cetratina - cedrina, pianta comune nei prati e lungo le viottole, con foglie oblunghe lineari e fiori piccoli violacei riuniti in spighette; essa ha un delicato odore simile a quello della verbena.
chiàpparu - cappero, cespuglio perenne sempreverde, con lunghi steli e foglie semplici, dalle cui basi spuntano i boccioli che, sbocciando, si trasformano in grandi e bei fiori bianchi; i capperi verdi rotondeggianti, essendo commestibili, vengono raccolti e messi sotto aceto. La pianta spontanea emette radici nelle fessure delle vecchie muraglie.
còrnula - carrubo, l'albero dalla densa chioma che orna qualche giardino del territorio cavallinese; i frutti a lungo baccello di polpa dolcigna sono venduti e gustati dalle persone. Un tempo la polpa essiccata veniva pestata, ridotta in farina, impastata con acqua e data a mangiare come efficace antidoto ai bambini colpiti di diarrea. Con i semi grossi, duri e lucidi si confezionavano pregiate corone per rosari.
cucùmmeru sputacchiaru o sputaelenu - cocomero asinino, pianta strisciante con steli ispidi, foglie scabre, fiori giallini a corolla; i frutti bislunghi turgidi e maturi, se toccati, schizzano all'intorno il liquido e i semini. Il succo dei frutti acerbi era usato come purgante perché meno disgustoso dell'olio di ricino.
cunitu - aconito, erba ranuncolacea prataiola dalle foglie assai frastagliate e dai fiori a cappuccio apicali di colore azzurro; le radici tuberose contengono un alcaloide velenoso e mortale. Tuttavia, una volta si usava tenere in bocca e masticare un pezzo di radice per calmare il dolore delle nevralgie del trigemino.
cuta de urpe - coda di volpe, pianta graminacea spontanea con foglie lineari e fiori fittamente riuniti a spiga; spesso, come parassita, cresce con le sue radici abbarbicate alle radici di altre piante. In caso di bisogno era usata anche come cibo per la mucca.
cuttone - cotone, pianta con foglie picciolate, fiori grandi giallini e frutti a capsula; quando questa, matura, scoppia ne fuoriesce un candido batuffolo impigliato a numerosi grossi semi. Le piante di cotone, a Cavallino sino ai primi del '900, erano annualmente coltivate per la produzione dei fiocchi fibrosi che, prima cardati in casa, venivano poi venduti al cotonificio locale.
dìttamu - dittamo, pianta perenne sempreverde aromatica, ha foglie intere e bei fiori bianchi o rosei riuniti in racemo. Una volta, i virgulti di questa pianta prataiola venivano trapiantati in vaso e curati in casa e si ottenevano belle piante ornamentali dal delicato profumo.
èllera o ètera - edera, pianta rampicante sempreverde, con rami striscianti muniti di radichette avventizie con cui aderiscono alle superfici dei muri e ai tronchi degli alberi; ha foglie palmate e fiorellini giallastri; produce frutti a bacca nera, molto velenosi. L'edera "dove s'attacca muore", pertanto era il simbolo della fedeltà coniugale.
erva de ientu - parietaria o vetriola, pianta perenne che cresce in luoghi aperti sui muri e sulle rocce; ha fusti rossastri fragili, foglie intere attaccaticce, fiorellini verdastri quasi invisibili. La pianta, ricca di silice, era impiegata per pulire bottiglie e damigiane internamente appannate.
erva de puzzu - specie di capelvenere, pianta spontanea pluriennale dagli esili rametti e dalle foglioline color verde chiaro; predilige le pareti dei pozzi e i luoghi ombrosi molto umidi. Questa tenera erba, pestata, si spalmava sulle ferite in suppurazione.
erva mèteca - erba medica o erba spagna, importante foraggiera un tempo diffusamente coltivata in quanto che i contadini e i pastori ritenevano che tale cibo facesse produrre più abbondante latte alle mucche e alle pecore; la pianta ha fusti cespugliosi e steli ricrescenti se falciati; le foglie sono composte di tre foglioline allungate, i fiori sono bluastri a grappoli.
ficalindia - ficodindia, pianta dai fusti a pale grasse carnose e spinose attaccate l'una all'altra; i fiori hanno petali gialli e i frutti sono grosse bacche ovali spinose giallicce o porporine, piene di polpa dolciastra con numerosi semi. In molti orti i fichidindia venivano piantati lungo i muretti di campagna.
filittu - felce aquilina, pianta spontanea perenne sempreverde, le cui foglie pennate sono adoperate per riporvi la giuncata da recare ai clienti o da portare a vendere al mercato.
fungu ersìcula - vescia perlata, fungo di forma sferica, commestibile soltanto quando è acerbo con la parte interna polposa; poi a fine sviluppo la polpa seccata diventa polvere impalpabile che fuoriesce dai forellini della calotta.
fungu lardaru - agarico mangereccio, fungo prataiolo con gambo giallino e con cappello a lamine prima di colore biancastro poi rossiccio e infine bruno; a maturazione inoltrata la sua consistenza diventa viscida.
fungu marieδδu - gallinaccio, fungo mangereccio di colore giallo aranciato, con il cappello convesso che poi diventa imbutiforme e lobato; è comune nei luoghi macchiosi; facilmente si può confondere con l'agarico dell'olivo, il quale invece è velenoso.
fungu munìtula - porcino mangereccio, fungo comune con il gambo tozzo biancastro e cappello convesso marrone rossastro di sopra e biancastro di sotto. È rischioso per gli inesperti coglierlo e mangiarlo, perché confondibile con il velenoso boleto satana, di uguale forma.
galla - calla dei fioristi, dai fusti ritti carnosi e dalle ampie foglie alabardate; la pianta è coltivata in aiuola e in vaso per i grandi candidi fiori a calice, entro cui spicca una lunga infiorescenza gialla.
gesurminu - gelsomino comune, arbusto dai lunghissimi steli; una volta non mancava in alcun cortile delle abitazioni ed era curato per i suoi bianchi fiori stellati profumati, che venivano poi colti e sparsi nei cassetti della biancheria.
gèusu iancu e gèusu moru - gelso bianco per i frutti bianchi dolcemente saporiti, e gelso moro per i frutti neri lucenti, dei quali si faceva anche uno sciroppo lassativo; più comune era l'albero del gelso bianco, piantato specialmente per le foglie verdi dagli allevatori di bachi da seta utilizzate quale esclusivo cibo per le larve dei bachi.
ina resta - avena fatua, graminacea spontanea agreste, non ricercata nemmeno dagli animali erbivori, perché le sue infiorescenze portano a maturazione semi piccolissimi, tanto che le cariossidi restano fatue, vuote.
lappa o làppula - lappa detta anche bardana, pianta erbacea prataiola con foglie ruvide coperte di peluria, con capolini di fiori porporini e semi uncinati che si attaccano ai velli degli animali pascolanti. La radice si usava per infusi e decotti contro la diarrea, la gotta e la foruncolosi.
linu - lino, pianta annua, con fusto ramoso in alto, fiori celesti. Possedendo il lino potere emolliente, lassativo, diuretico, vermifugo, un tempo era coltivato in fondo al giardinetto di casa. I semi essiccati si tenevano conservati nello stipetto; nei casi di stitichezza ostinata e nelle infiammazioni dello stomaco e delle vie urinarie, l'infuso di semi di lino veniva sorseggiato (una tazzina dopo i pasti); la pasta di semi di lino era applicata sulle emorroidi come cataplasmo emolliente e calmante.
lizza o gnanda - l'albero e la ghianda della quercia Le ghiande insieme con la cupola erano date come cibo ai maiali; le ghiande tostate e macinate fornivano una bevanda calda per bambini deboli di stomaco.
lumìa - limetta, alberello di agrume simile al limone, che produce, però, frutti dal succo meno acre; ha foglie piccole, fiori bianchi, frutti rotondeggianti di colore giallo verdognolo. Dalla buccia dei frutti le signore estraevano un'essenza odorosa con cui preparavano un delicato profumo:
l'acqua de lumìa.
lurdìcula o urdìcula - ortica, diffusa erba prataiola e ruderale, con i fusti e le foglie coperti di peli irritanti e con fiori piccoli e verdolini raccolti in spighette ramose. Se toccata, la pianta provoca quella fastidiosa irritazione della pelle detta appunto urticazione.
magghiezzùla - specie di tribolo non aculeato, pianta prataiola strisciante, la quale produce semi contenuti in striscioline che si avvolgono a spire, e, per gioco, si possono incastrare a mo' di collana.
mannùcchiu - covone, mucchio di 10 mannelli di cereali falciati e legati strettamente insieme; a fine giornata i covoni erano ammucchiati in biche e lasciati nel campo in attesa di essere trasportati sull'aia per la trebbiatura.
margarita - margheritina o pratolina, erba spontanea prataiola perenne, con foglie alla base di forma bislunga e con peduncoli terminanti in capolino composto di diversi fiorellini bianchi e rosei.
marva - malva, erba spontanea con foglie palmate lobate, fiori ascellari con corolle rosee lilla, frutto a disco suddiviso in cocche; è comune nelle siepi e lungo i muretti delle viottole. I rami frondosi e le radici, avendo proprietà emollienti, astringenti e cicatrizzanti, venivano pestati, crudi o cotti, e applicati come cataplasmi sulle ferite e sulle lussazioni.
marvarosa - pelargonio, erba perenne somigliante al geranio, con foglie palmate leggermente pelose e fiori semplici rosei violetti; è coltivata in vaso per ornamento e per l'odore delicato che emana nel suo insieme, odore che diventa acuto se una foglia viene stropicciata.
marvune - malvone, specie di altea, pianta erbacea perenne con foglie biancastre rugose e bei fiori ascellari porporini; è dotata di proprietà medicamentose. E difatti sotto forma di decotto o di infuso era usata come calmante della tosse persistente.
melissa - melissa, erba prataiola dal caratteristico profumo di limone; le sue foglie venivano sparse tra i capi di biancheria lavati, stirati e riposti nei cassetti del comò. Il decotto delle foglie e dei fiori era usato come rimedio antisterico.
mentàsçena - menta piperita, la nota pianta dall'odore acuto e penetrante, con radici striscianti e steli eretti, foglie ovate dentate da cui si estrae un'essenza usata in profumeria e in liquoreria. L'infuso di
mentàsçena dalla medicina popolare era usato come sedativo del colon irritabile.
mìgghiu - miglio, graminacea con foglie pelose avvolgenti piuttosto larghe, con numerose spighette riunite in pannocchie; i suoi semi rotondi sono ricercati dagli uccellini.
mpicaòi o nfocaòi (= impicca buoi o soffoca buoi) - specie di gaggia inselvatichita, pianta cespugliosa che cresce lungo le siepi e sulle muricce; ha foglie a ciuffo pennatosette, sui piccioli delle quali, come pure sui rametti, spuntano coppie di forti spine, pericolose per l'animale che addenta e ingoia quel fogliame.
murseδδa - anagallide o centocchio, erba biennale, con steli teneri sdraiati, foglie ovali dalle cui ascelle spuntano i fiorellini di un bel colore rosso pallido. Era usata, in infuso, per le sue proprietà espettoranti e, in pediluvio, nei casi di gonfiore alle gambe per stimolare la circolazione del sangue.
murteδδa - mortella, arbusto della macchia mediterranea, ramosissimo con foglie aromatiche verdi e lucide, fiori bianchi, frutti a bacca nera o rossiccia.
mùsciu, musciarieδδu - paleo, antossanto, graminacea prataiola con foglie basali dalle quali si erge un gambo filiforme terminante con un capolino vaporoso e morbido come la punta della coda del gatto
(mùsciu). I ragazzi che vanno alla raccolta delle more, dopo averne assaggiate alquante, infilzano a rosario negli steli le rimanenti, le quali vi restano bloccate dal ciuffetto. Qualcuno giocherellone, inoltre, unisce due capolini pelosi e se li applica al labbro come mustacchi.
nànulu - bledone o blito, pianta erbacea della famiglia delle amarantacee, infestante dei coltivi; ha rami striscianti con foglioline cenerognole e fiori raggruppati all'apice di ogni stelo, e questo, a sua volta, tende a piegarsi in alto. La pianta ha sapore sgradevole ed è trascurata anche dagli animali erbivori.
neputeδδa - nepitella o mentuccia, erba perenne dei luoghi incolti e aridi; ha foglie ovate opposte e fiorellini di colore lilla raggruppati all'apice degli steli. Veniva cercata, raccolta e usata come ingrediente dall'odore canforato per insaporire certi funghi nella cottura.
pampasçiune - muscari comoso, specie di erba bulbosa che cresce spontanea nei campi incolti; le poche foglie strette si dipartono dal bulbo tunicato; i bei fiori azzurri sono disposti in racemi alla sommità dello scapo. I cipollacci vengono cercati, raccolti in quantità e venduti al mercato, e, sebbene alquanto amarognoli, vengono mangiati lessi conditi con olio e aceto, oppure soffritti con fette di cipolle e di pomodori, oppure fritti a polpette.
pampineδδa - ventolana, specie di graminacea spontanea che può infestare i campi di biade; dallo stelo si dipartono con lunghi peduncoli numerose spighe dalle brattee vuote e dalle corte ariste.
pane te secare - pan di serpe, specie di gichero, erba perenne velenosa dalle ampie foglie alabardate; tra queste ogni stagione si erge una spata bianca a forma di cartoccio che avvolge un'infiorescenza di piccole bacche gialle. I nostri nonni credevano che le vipere si cibassero delle bacche per rifornirsi di veleno.
papagnu - papavero bianco, pianta con fusti carnosi ricchi di latice bianco e con foglie laciniate; tra i petali rosei dei fiori matura un frutto a capsula contenente numerosi semini neri. Dai frutti secchi le nostre nonne ricavavano un decotto sonnifero ad azione sedativa e ipnotica antispastica; invece dai frutti verdi si otteneva un decotto oppiaceo.
papagnu era detto anche il decotto sedativo e ipnotico che le mamme ottenevano facendo bollire in acqua le capsule secche e che poi davano a bere al figliolo insonne o colpito da mal di pancia.
paparina - papavero rosso dei prati o rosolaccio, erba annuale spontanea con rametti setolosi e foglie pelose; i fiori sono scarlatti con macchia nera alla base; caduti i petali, rimane il frutto a capsula. Una volta le piante ancora tenere venivano raccolte, cotte, e consumate come alimento a cena oppure come companatico tra due fette di pane fatto in casa. Dalle capsule, inoltre, si ricavava un infuso per calmare la pertosse dei bambini e l'asma bronchiale degli adulti, favorendo l'espettorazione.
pappacitu - acetosella, erba infestante perenne, le cui foglie, formate da tre foglioline cuoriformi, con lungo picciolo si attaccano a un rizoma strisciante; i fiori hanno cinque petali gialli. Le tenere foglie si sminuzzavano nell'insalata per goderne le proprietà diuretiche. Dalla pianta pestata si ricavava un succo efficace per togliere le macchie d'inchiostro e di ruggine.
pastanaca - pastinaca, pianta erbacea con foglie pennate e fiori giallini riuniti a ombrella. Era saltuariamente coltivata in semenzai e il suo fittone carnoso rosato venato di verde veniva sgranocchiato crudo come ortaggio.
pastanaca resta - pastinaca selvatica, che cresce spontanea nei prati e lungo i margini delle viottole; ha gli steli rivestiti di peli rigidi e pungenti, le foglie ruvide e le infiorescenze apicali a forma di nido; ma l'erbaccia non ingrossa la radice e perciò è detta
"resta", agreste.
pasuli cu ll'ecchiu - fagioli con l'occhio, così detti perché i legumi hanno una macchiolina nera intorno all'ilo. L'importante pianta era coltivata dai nostri contadini perché forniva frutti riserbati all'alimentazione delle famiglie; i frutti erano consumati sia a baccelli verdi lessati, sia a legumi secchi cotti nella pignatta.
pendinieδδi - tremolina, piantina graminacea prataiola; ha foglie lineari e steli filiformi terminanti con spighette pendule che si muovono al minimo soffiar di vento.
petàccia - petacciola o piantàggine, erba ruderale perenne, con ampie foglie basilari basali aggruppate a cespo, da cui sorgono più scapi con fiorellini verdognoli. Foglie e radici erano usate, in infuso o in decotto, a scopo terapeutico per curare la dissenteria, un'emorragia interna, un'intossicazione; foglie e radici, pestate e ridotte a pasta, trovavano applicazione nella cura delle ulcere varicose.
pilieδδu - specie di gramigna infestante dei campi, degli orti ed anche delle aiuole, con radici filiformi, foglie lineari e fiorellini uniti a spighette, le quali a loro volta sono disposte a raggiera in cima ad ogni stelo. Le radici capillari emettono noduli riproduttivi tanto sotterrati che, pur volendo dissodare il terreno, riesce difficile rintracciarli con la zappa ed estirparli.
pipe fàusu o pipe riestu - specie di lentisco ruderale, piccolo arbusto con foglie basali bislunghe coriacee, da cui si erge uno stelo che in alto ramifica e produce frutti a bacca, i quali, maturi secchi e neri, sono somiglianti ai grani interi del pepe vero.
quagghiàsçena - caglio o presuola, erba prataiola con rami a sezione quadrata, foglioline disposte a raggiera intorno ai nodi, fiorellini gialli raggruppati a pannocchia in cima a ciascuno stelo. I fusti spezzati emettono un latice che ha la proprietà di far cagliare e coagulare il latte degli ovini.
rafuègghiu - trifoglio, pianta erbacea spontanea nei prati; ha fusto corto ma ramificato, foglie composte da tre foglioline, fiori rossi raccolti a spiga in cima ad ogni stelo. Talvolta questa leguminosa era coltivata per foraggio da dare ancora verde o già secco alle mucche.
ranulìndiu (letteralmente "grano delle Indie") - granoturco o granturco (letteralmente "grano della Turchia"), detto pure mais perché proveniente dal Messico, pianta graminacea con fusto alto e foglie larghe avvolgenti, frutti a cariosside di colore giallo lucido inseriti e ordinati in grosse pannocchie. I nostri contadini coltivavano il granturco non in pieno campo ma in filari lungo i muretti divisori dei poderi. E i ragazzi ponevano i chicchi del mais nella brace e si procuravano i gradevoli
pop corn.
rapesta - rapa campestre o barbabietola nostrana da foraggio, pianta erbacea biennale con grossa radice biancastra carnosa ricca di sostanze nutritive, e con foglie basali disposte a rosetta. Era coltivata nelle masserie e usata come mangime per il bestiame da stalla.
ràppura - asperella o attaccavestiti, graminacea spontanea annua, diffusa nei prati e ai margini dei sentieri campestri; ogni stelo filiforme termina con una spiga irta di peli scabri, la quale si appiccica ai velli delle pecore e ai calzoni dei contadini. Per gioco tra ragazzi, veniva lanciata contemporaneamente all'esclamazione
"ttaccatammìe" (attàccati a me).
remigna oppure ramigna - gramigna, erbaccia perenne infestante, difficile da estirpare perché i suoi rizomi nodosi si interrano e si propagginano all'intorno e si intrecciano alle radici delle altre piante rubandone le sostanze. Un'utile funzione, comunque, l'aveva: il decotto dei suoi fittoni era usato come medicina efficace contro gli eccessi febbrili della diffusa malaria.
retecata - il grosso ceppo di una pianta legnosa con ancora attaccate le prime robuste radici. Di qualsiasi albero abbattuto era usanza riservare la
retecata beneditta, per bruciarla sul focolare domestico in ricorrenza del Natale.
rienu - origano, pianta spontanea perenne, comune nei luoghi incolti; ha steli ramificati rigidi e alquanto pelosi, con fitte foglioline ovali e fiorellini a spighette riunite in pannocchie. Nell'insieme l'erba è aromatica, e tutte le sue parti tenere, essiccate e sminuzzate, sono usate in cucina come spezie per condire i cibi freddi. Dai suoi rami bolliti si otteneva un infuso usato come efficace digestivo.
rizzieδδu - specie di tribolo che cresce a basso cespuglio con steli striscianti in luoghi incolti; ha foglie frastagliate e frutti rotondeggianti irti di peli pungenti. Facilmente questi si avviluppavano al pelame ricciuto delle pecore pascolanti, e non era tanto agevole staccarli dal folto vello.
rosamarina - rosmarino, pianta perenne molto ramosa, con foglie fitte coriacee lineari, di colore verde cupo sopra e biancastro sotto, e con fiorellini azzurrini riuniti a spiga; la pianta aromatica cresce spontanea in vicinanza del mare ed è pure coltivata in vaso per uso di cucina. Una volta dalle foglie, ricche di olio essenziale odorosissimo, le signore ricavavano per infusione
l'acqua de ndore, un'acqua odorosa, che usavano come profumo della persona.
rùcula - eruca, ruchetta, pianta erbacea spontanea prataiola, con steli ramosi, fiorellini di colore giallo pallido e foglie verdi slargate e frastagliate di sapore piccante ma gradevole, che sono spesso usate nell'insalata e talvolta consumate lessate a sole o unitamente alle zucchine verdi. La rùcula sanina, invece, è una ruchetta dalla pianta meno rigogliosa, con fiori bianchi venati di violetto e foglie picciolate e strette. Alle piante di sanina erano attribuite proprietà stimolanti e giovevoli allo stomaco debole e, pertanto, venivano consumate in pietanze abbondanti, specialmente dai sofferenti di malattie gastriche.
rùmmula e scràsçia - pianta del rovo spinoso che con i suoi lunghi rami rossicci ricopre le muricce campestri; ha foglie composte dentellate e frutti in corimbi, detti more; queste, prima di colore rosso lucido, maturando diventano nere lucide. I ragazzi raccoglievano le
rùmmule sia per mangiarle e sia per recarle in quantità alle madri, le quali all'occorrenza sapevano preparare un efficace sciroppo lassativo.
ruppinu - lupino, pianta leguminosa di colore glauco, con foglie vellutate e frutti a baccelli contenenti semi compressi e rotondi di sapore amarissimo; se però vengono tenuti per tre giorni immersi in acqua salata, diventano eduli e gustosi (questi in leccese erano chiamati anche
piò piò).
rùsciulu - corbezzolo, arbusto sempreverde con foglie oblunghe a nervature rosse, fiori bianchi a grappoli, e frutti a drupa rossa con polpa giallina dolciastra assai gustosa, tanto che i macchiaioli in autunno riempivano i panieri di frutti ben maturi e li portavano a vendere per le vie di Lecce, annunziando e gridando:
"Rùsciuli! ci ole rùsciuli russi?" (Corbezzoli! chi desidera corbezzoli rossi?)
ruta - ruta, bella pianta perenne, spontanea nei luoghi aridi e sassosi, di colore verde glauco, di odore sgradevole, di sapore amaro; ha fusto quasi legnoso, eretto e molto ramificato, foglie glauche sparse, fiori gialli in corimbi terminali, frutti a capsule contenenti numerosi semi. Le foglie a infuso erano usate quale rimedio antispasmodico; a impacco erano applicate su ascessi e foruncoli; con la lozione di 100 gr. di foglie a macero per un giorno in 300 gr. di olio d'oliva veniva bagnato di frequente il culetto dei bambini affetti da vermi parassiti.
ruta tesçetale - digitale, pianta erbacea, con foglie rugose a rosetta e con infiorescenze costituite da fiori pendenti di colore porporino; cresce ai bordi delle vie campestri e, un tempo, veniva usata in tisana per il mal di cuore, avendo la proprietà di innalzare la pressione arteriosa e di aumentare la diuresi.
sanguigna - sanguinaria, erba comune nei prati e lungo le siepi, ha foglie scabre e pelose, e fiori di colore porporino venato di violetto, che sbocciano in cima ai radi steli pelosi; spezzando un fusto, ne fuoriesce un umore rosso sangue, da ciò il nome leccese e italiano. La pianta, pestata e ridotta a poltiglia, proprio per il suo potere astringente e cicatrizzante, era applicata come impacco sulle brutte ferite.
sarasçeδδa - salvastrella, pianta erbacea prataiola con foglie ovali a margine seghettato; le tenere foglioline delicatamente aromatiche dai buongustai erano mescolate all'insalata di erbe varie.
sargeniscu - anguria o melone d'acqua, pianta con due o tre lunghi fusti striscianti e foglie lobate; il frutto è un pepònide globoso a scorza dura e liscia, verde uniforme o marmorizzata, e a polpa rossa con numerosi semi sparsi. Diffusa era la vendita delle angurie e a modico prezzo, tanto che l'ortolano ambulante gridava:
"Cu nna lira mangiati, beiti e bu llàti puru la facce!" (Con una sola lira mangiate, bevete e vi lavate pure la faccia).
sàrvia - salvia sempreverde, con rami biancastri, foglie aromatiche, fiori violacei. Le foglie secche erano usate in infuso come rimedio tonico per il cuore e il sistema nervoso, in decotto come medicamento antisettico su piaghe purulente e scottature diffuse; per l'alito cattivo era buon rimedio tenere una foglia fresca in bocca e ingerire solo la saliva.
scarciòppula - il capolino della pianta del carciofo, grosso ortaggio le cui brattee carnose (prima che il capolino si apra in fiore) si preparano in cucina in vari modi e si mangiano come gustosa pietanza.
sçattapignate - erba delle euforbie, frequente nei prati; ha fusti ramificati e laticiferi, foglie piccoline e fiori giallognoli riuniti in spighette; i frutti sono a capsula
(pignate), che quando secca, scoppia
(sçatta) e sparge i semi intorno. Con i rami coriacei si confezionano le scope per spazzare e pulire l'impiantito del forno.
sçègghiu - loglio o zizzania, graminacea spontanea infestante comune tra le messi; ha foglie lineari e steli fitti di spighette che possono risultare dannose al grano, per cui gli agricoltori si premurano di rintracciare
(scegliere) gli steli ed estirparli. Proverbio:
"Intra lu ranu nc'ete sempre lu sçègghiu" (Tra i buoni c'è sempre uno cattivo).
sçèmmulu - margheritona, pianta erbacea perenne, comune nei prati e lungo le siepi; ha fusti poco ramosi con foglie pennatosette di colore verde scuro e fiori grandi con capolino centrale e corolle di colore giallo oro. Viene coltivata anche in aiuola a scopo ornamentale.
sçèrmete - mannello di steli, ciascuno dei manipoli che il mietitore di volta in volta afferra in una mano e taglia con un sol colpo di falce.
sçìsçiula - giuggiolo, arbusto della macchia mediterranea, con rami contorti, foglie oblunghe, fiori gialli; produce frutti a bacca ovale, di colore bruno lucido e di sapore dolciastro ma gustoso.
sçiuncu - giunco, erba perenne a fusti diritti, cilindrici e senza nodi, flessibili e resistenti agli strappi; fiori piccoli in capolini riuniti in pannocchia.
I fusti vengono utilizzati per fare panierini, cestini ed altri svariati lavori artigianali d'intreccio.
scursunera - scorzonera, pianta erbacea annuale che da noi cresce spontanea tra le siepi e ai bordi erbosi dei viottoli di campagna; dalla base spuntano foglie lanceolate intere e lunghi peduncoli terminanti con un fiore a capolino. La pianta veniva cotta e applicata come cataplasma sulle ferite per le sue proprietà astringenti e cicatrizzanti.
serpiδδu - serpollino, pianta aromatica con rametti serpeggianti, foglioline ovali, fiori porporini o rosa riuniti in spighe terminali. Il suo infuso, mescolato a miele, era usato come rimedio popolare contro la pertosse dei bambini e la tosse catarrale degli adulti.
serreδδa - serradella, erba foraggiera inselvatichita, con steli flessibili, foglie pennate composte di numerose foglioline, fiori rosei a gruppi, frutti a legumi sul rametto disposti come le dita della zampa di uccello.
sita - l'alberello del melograno, una volta piantato in ogni orticello per i suoi grossi frutti contenenti numerosissimi grani rossi, sugosi, aciduli dolciastri. Le bucce del frutto erano usate dalle nostre nonne per tingere in bruno chiaro le matasse di lana bianca.
spagnulu - cardo benedetto, pianta erbacea ruderale, con fusto peloso, foglie coriacee a lobi spinosi, fiori giallini raccolti a capolino. Le foglie, per le proprietà digestive e diuretiche, erano comunemente usate in infusi come rimedio contro la stitichezza.
spàtula - agave, pianta grassa perenne a foglie lunghe carnose con i margini aculeati e con la punta acuminata; vegeta spontanea in luoghi aridi e anche sulle vecchie muricce di campagna. Si crede che fiorisca ogni venticinque anni.
speràgghie te lu papa - lucaria, pianta erbacea prataiola spontanea, quasi priva di foglie e con steli esili che reggono ampi frutti a siliqua schiacciata e rotondeggiante di colore argenteo, somigliante a una medaglietta.
sperracaδδu - sferracavallo, pianta erbacea che cresce spontanea nei prati e nei coltivi, ma non è infestante; ha numerosi steli con foglie composite e fiori gialli in cima a lunghi peduncoli; il frutto è a baccello stretto e allungato a forma di ferro di cavallo.
spicanardu - spigonardo, pianta perenne cenerognola odorosa; cresce nei prati e in luoghi aridi, ha rami eretti con foglie lineari e fiorellini violetti a spiga in cima allo stelo. La pianta coltivata in vaso prendeva il nome di "lavanda", e una volta dai suoi steli le signore estraevano un'essenza per profumare l'acqua per lavarsi; inoltre, i fiori e i semi odorosi, essiccati e racchiusi in sacchettini di garza, venivano posti nei cassetti della biancheria.
spinapùlece - biancospino delle siepi, arbusto spontaneo con lunghi steli spinosi e duri, foglie coriacee e pelose, radi fiorellini bianchi a rosetta, piccoli frutti rossi; è coltivato soprattutto per siepi ai margini dei vialetti.
spinaruta gialla - ginestra, pianta arbustiva spontanea che cresce in luoghi aridi; ha rami come giunchi, i quali ogni primavera si ricoprono di vistosi fiori gialli alquanto odorosi. Con i cespi secchi, sradicati e legati strettamente a un bastone, si facevano rozze scope per spazzare le stalle e gli ovili.
spitìscia - aspidistra, pianta con fusto sotterraneo e con grandi lamine fogliari lanceolate di colore verde scuro; si riproduce per divisione del fittone e vegeta di preferenza in penombra; la pianta perenne, dall'ampio fogliame lucido, era frequentemente coltivata in vaso per abbellire i cortili delle case o un angolo del soggiorno.
sprùsçenu - specie di verbasco, pianta comune nei luoghi aridi incolti; ha steli e foglie lanosi e fiori gialli riuniti in cima a pannocchia. Le foglie erano usate in decotti curativi nelle infiammazioni intestinali, e in impacchi emollienti sulle emorroidi esterne.
spùrchia - orobanche, pianta parassita delle leguminose; ha scapo ingrossato carnoso, foglie ridotte a squame, radici che succhiano le sostanze nutritive non direttamente dal terreno ma abbarbicandosi alle radici delle piante di fave, di piselli, di ceci, di fagioli. I contadini sono solleciti, durante la sarchiatura, ad estirpare le
spùrchie, capaci di recare danno all'intera piantagione dell'orto.
spuriatu - cavolfiore, pianta da orto con ampie foglie raccolte intorno a un unico corto fusto, il quale termina con una grossa infiorescenza carnosa compatta, a forma di palla, di colore biancastro. È largamente consumato come alimento; molto gustose sono le
pìttule (frittelle) natalizie farcite con pezzi di cavolfiore lessato.
sùrvia - sorbo selvatico, alberello della macchia mediterranea che produce piccoli frutti giallognoli, i quali, staccati dal ramo, diventano poi di colore bruno porporino. I frutti, possedendo efficaci proprietà lassative, venivano ricercati e mangiati in abbondanza in casi di stitichezza pertinace.
tabbaccu - tabacco, pianta erbacea dalle grandi foglie sparse e dai fiori imbutiformi di colore bianco roseo raggruppati all'apice dell'unico lungo e ritto fusto. La coltivazione del tabacco da fumo una volta era diffusamente praticata e remunerativa in provincia di Lecce, sotto il severo controllo del Monopolio di Stato, e le qualità autorizzate erano:
perustitza, xanthiaca, erzegovina, càtaro, ciascun tipo particolarmente idoneo per la confezione, rispettivamente, di trinciati per pipa, di sigarette forti, di sigarette dolci e di sigari.
tàmaru - tamaro, pianta spontanea nelle fitte siepi, con lunghi steli volubili, folto fogliame verde lucido che in autunno prende un colore rossastro rugginoso. Le radici e anche i piccoli frutti a bacca erano usati in decotto come efficace rimedio purgativo lassativo.
tèrmete - oleastro, cioè olivo selvatico, che ha rami lisci e alquanto spinosi, foglie coriacee, piccoline quasi rotonde, fiorellini biancastri aggruppati, radi frutti a drupa di colore nero rossiccio; l'arbusto spontaneo perenne sempreverde lo si può trovare in qualche folta siepe di rovi.
tiaulicchiu - peperoncino, pianta annuale, con foglie ovali lanceolate, fiori bianchi solitari, frutti a forma di cornetto di colore rosso lucido e di sapore amaro bruciante "come un diavoletto". Eppure, i contadini li mangiavano freschi a piccoli morsi come companatico oppure seccati e sminuzzati sulle insipide minestre.
tìsçete te la Matonna - abelia, specie di caprifoglio tanto ramificato che ricopre lunghi tratti di muretti di campagna; i fiori, oblunghi, rosei o giallini, sono uniti in gruppo di cinque quante sono le dita della mano; i frutti sono a bacca carnosa.
tòleca - cicerchia, specie di leguminosa con fusti prostrati, foglie composte, fiori rosei o azzurrini, frutti a baccello con due tre semi variamente colorati. I poveracci, per bisogno, cercavano nei prati e raccoglievano questi legumi, mettevano per due giorni a bagno i pisellini, affinché si privassero di una sostanza tossica, e poi li cucinavano e li mangiavano pur sapendoli assai indigesti.
ttaccapasuli - specie di vilucchio che cresce spontaneo nei coltivi, specialmente tra le leguminose e ai margini dei campi di biade; ha lunghi rami avviluppanti, foglie verdoline e fiori bianchi rosati a campanelle, e perciò la pianta è detta anche
"campaneδδe". Con i flessibili steli fioriti le contadinelle intrecciavano graziose corone e collane e, giocando "alle signore", si adornavano il capo e il petto.
tucemara - dulcamara, pianta erbacea dai rami flessibili, foglie verdi, fiori violacei riuniti in corimbi, frutti rossi a bacca. Le foglie erano usate in infuso per le proprietà diuretiche e depurative; invece, l'infuso delle bacche, contenenti sostanze narcotiche, era assunto a dosi controllate come rimedio contro l'insonnia.
tumagghiara - timelea, arbusto della macchia mediterranea che talvolta attecchisce e cresce anche in luoghi incolti cespugliosi; ha rami prostrati, foglie persistenti, fiorellini rossicci riuniti in racemi, frutti a drupa di colore nerastro.
tutumàgghiu - titimaglio, specie di euforbia con steli flessibili, foglioline di colore verde giallastro, fiori verdi, frutti a capsula; i rametti, spezzati, emettono un abbondante latice che ha potere caustico e corrosivo. Tuttavia il succo lattiginoso, diluito in poca acqua, era usato come rimedio contro il mal di denti.
uèrgiu riestu - triseto, graminacea prataiola simile alla pianta dell'orzo, con spighette setolose composte le quali, però, rimangono prive di cariossidi; è un'erba gradita alle pecore pascolanti.
urràsçena o urràsçiu - borragine, pianta erbacea annuale con fusto succoso e foglie rugose e pelose; i fiori azzurri a calice sono raccolti a pannocchia in cima a ogni stelo. La pianta prataiola dai bisognosi cronici spesso veniva trapiantata nel giardinetto di casa e curata perché ricca di sostanze medicinali: emollienti, espettoranti, antireumatiche, antipruriginose.
urrùzzulu (ulùzzulu, uluzzu, auzzu) - asfodelo microcarpo, pianta erbacea comunissima nei prati e nei luoghi rocciosi; le foglie basali strette e lunghe sono disposte a raggiera e dal mezzo di esse si erge uno scapo che termina con una grande infiorescenza di fiori bianchi raccolti in racemi.
veccia - veccia, pianta erbacea con steli sdraiati e rampicanti, foglie tenere pennate, fiori rossicci, frutti a baccello con semini totondi e scuri. Era coltivata come foraggio fresco per le mucche da latte, perché ritenuta ricca di sostanze lattifere.
zafaranu bastardu - zafferanone, pianta bulbosa perenne, prataiola spontanea, della famiglia delle liliacee; ha foglie lineari erette e fiori carnosi imbutiformi con corolla viola porporina; sia il bulbo e sia i semi sono tossici per le persone e - si credeva - letali per i cani. Talvolta, qualche tessitrice esperta usava i fiori per tingere la tela di cotone o di lino.
zangune - cicèrbita o sonco crespigno, pianta erbacea spontanea comunissima nei prati e nei coltivi, le cui tenere foglie lunghe ondulate e variamente divise vengono anche ora raccolte e consumate lesse, condite con olio e sale. Era minestra usuale per i poveri che non possedevano provviste di cereali né di legumi.
zànzecu - maggiorana o amàraco, erba aromatica prataiola, con foglie ovali a mazzetto, fiori bianchi o porporini aggruppati in spighette agglomerate; le foglie e le cime fiorite sono adoperate in cucina come aroma.
Una volta le parti verdi della pianta erano usate, in infuso e a dosi controllate, come farmaco sedativo negli attacchi convulsivi e come rimedio popolare curativo delle infiammazioni della bocca e della gola.