Assimilai la parlata locale insieme con il latte materno; dai parenti e dai conoscenti, che si esprimevano in dialetto, quello autentico e genuino, appresi a parlare esclusivamente in dialetto; in dialetto discorrevo con gli amici di casa, in dialetto litigavo con i compagni di strada.
Ricordo che se uno - date certe circostanze - era tenuto ad esprimersi in lingua italiana, o lui stesso poneva qualche rèmora e provava imbarazzo, oppure suscitava i divertiti risolini degli astanti, i quali bonariamente lo canzonavano perché 'parlàa an pulìtu'.
Sono vissuto sempre tra l'umile gente del mio paese e ne conosco profondamente la storia1, le tradizioni, le usanze e il linguaggio, quello paesano, schietto e vivace. In dialetto ho conversato con i compaesani, sempre, anche da adulto, anche da 'istruito', sempre; anche adesso2. Frequentavo la 3ª liceale quando il preside del Liceo-Ginnasio 'G. Palmieri' di Lecce, mi affidò l'incarico di raccogliere un certo numero di parole peculiari del dialetto leccese parlato a Cavallino. Perché proprio di quello parlato a Cavallino?3
Perché in questo piccolo centro agricolo, abitato da cittadini per l'85% analfabeti, il linguaggio si era conservato notevolmente puro e vergine, perché nel popolo e nelle campagne la parlata serba la sua integrità e schiettezza più che nella città, in Lecce capoluogo, ricca di contatti con l'esterno, abitata, oltre che da contadini e artigiani, da professionisti, impiegati e commercianti, dove l'idioma dialettale risentiva ormai sensibilmente della lingua nazionale italiana e dei vari apporti forestieri.
Dalle mie conoscenze personali e dalla viva voce dei compaesani raccolsi due centinaia di vocaboli caratteristici, che io ritenevo particolarmente interessanti dal punto di vista vernacolo. Successivamente, di un centinaio di lemmi il preside mi pregò di determinare e specificare il significato in correlazione con i vocaboli italiani4.
Era stato posto nel mio animo il germe che sin da allora mi indusse ad iniziare, a guisa di hobby, la raccolta di parole dialettali, le più peculiari, le più curiose, le più originali e interessanti; scrivevo su pezzi di carta i vocaboli tipici e li riponevo in un cassetto. Il divertente ma saltuario hobby si mutò in deciso interesse dopo gli studi universitari, allorquando mi misi a ricercare e a ordinare sistematicamente i materiali lessicali che costituivano il patrimonio linguistico-culturale della 'gente leccese'.
In tempi più recenti spesse volte è capitato che io, allo scopo di far capire meglio ai miei alunni il significato di un vocabolo italiano, oppure di rendere ai miei interlocutori con maggiore espressività un concetto o un'idea, usassi termini dialettali e recitassi una frase idiomatica caratteristica o un proverbio appropriato. Con rammarico notavo che le ultime leve di giovani non gustavano, perché non le capivano appieno, le tanto efficaci espressioni in dialetto leccese. E quando si leggeva e si commentava una poesia di Francescantonio D'Amelio, l'esimio poeta leccese, o un brano di Giuseppe De Dominicis, l'illustre poeta cavallinese, i ragazzi mostravano di non comprendere del tutto il contenuto e il valore intrinseco della composizione poetica - proprio così - perché non sapevano il significato di parecchi termini vernacoli, perché ignoravano la maggior parte delle parole del lessico dialettale dei loro nonni. Era la prova che un idioma, che costituiva un prezioso patrimonio della cultura popolare leccese, una lingua, che un tempo era stata l'espressione più viva e immediata della civiltà dei nostri antenati, stava scomparendo.
Ebbi allora l'idea e sentii il desiderio, per non dire la necessità, di impegnarmi, per quanto era nelle mie capacità, a portare a termine la ricerca delle parole del lessico leccese, di Lecce città, al fine di consegnare unito e raccolto in un tutto organico il patrimonio linguistico dei nostri padri.
Via via che andavo scrivendo in ordine alfabetico i vocaboli raccolti, si affacciava il dilemma se registrare soltanto le parole caratteristiche del nostro vernacolo (per fare qualche esempio: ciammarrucu, erteciδδu, macìnula, òccula, pàndeca, pòsperu, tèncine, uègghiu, gnettare, nquatarare, straulare, fièrsetu, scusçetatu, susu, sutta, intra, ecc. e migliaia di altri particolari lemmi), oppure includere anche quei termini comprensibili che presentano, però, qualche variante grafica o fonetica rispetto alle corrispondenti parole italiane.
E se accoglievo i vocaboli: cammerieri, pallinu, luntanu, catìre, scrìere, diverse dalle analoghe italiane per grafia ma identiche per il significato, perché non riportare le parole: carcassa. (mortaretto), foggia. (fossa), nozze. (sansa), sprecare (dissotterrare), che sono simili per grafia alle conformi italiane, ma sono del tutto diverse e distinte per il significato? Ma, tralasciando vocaboli di uso dialettale come: forte, veloce, amore, giustìzia, via, arare, lèggere, parlare, ecc., un forestiero potrebbe benissimo domandare: "E la qualità della forza, la nozione della velocità, il sentimento dell'amore, l'idea della giustizia, il concetto della via, l'azione dell'arare, del leggere, del parlare, ecc. i Leccesi come li esprimevano nel loro idioma?" Trattandosi, dunque, di salvare il patrimonio lessicale leccese, maturai la decisione di fare un 'vocabolario generale', e mi proposi di accogliere, trascrivere e spiegare 'tutte' le parole adoperate nella lingua dialettale dai Leccesi, anche quei lemmi, cioè, che sono derivati dalla lingua madre latina evolvendosi in maniera identica in italiano e in leccese, e quelle altre voci che si sono travasate, simili nella grafia e uguali nel significato, dalla lingua italiana nel dialetto leccese.
Ultimata una prima elencazione in ordine alfabetico dei vocaboli (oltre 14.000), ricavati e dalla conoscenza personale della lingua leccese tuttora da me parlata e dalle meticolose e approfondite indagini condotte presso tanti concittadini anziani, i più in vista per saggezza e per esperienza di vita, di operosità, di mestiere, mi misi a fare lo spoglio sistematico delle pubblicazioni dialettali prettamente leccesi, esistenti presso la Biblioteca Provinciale - Sezione Salento - di Lecce: nomenclature di singoli temi specifici (agricoltura, botanica, zoologia, arti e mestieri), poemetti, raccolte di poesie di anonimi e di autori sia noti e sia poco conosciuti, racconti, proverbi, indovinelli, stornelli, filastrocche, e inoltre ricerche etimologiche, saggi lessicali, ecc.; e da esse pubblicazioni estrassi pagina dopo pagina qualche migliaio di altri vocaboli che inclusi nella mia raccolta.
Poi presi tra le mani il 'Vocabolario dei dialetti salentini' di Gerhard Rohlfs, e mi misi a cercare i lemmi 'leccesi' confusi tra i vocaboli delle decine di parlate locali salentine (le voci contrassegnate con le sigle L 1, 2, 4, 5, 7, 13, 16, 17, 21, 31, 33, 37, cv., I), riuscendo ad estrarre e ad inserire nella mia collezione qualche altro centinaio di parole dell'idioma prettamente leccese, le quali erano sfuggite alle mie precedenti ricerche.
A questo punto mi accinsi al compito più difficile e impegnativo, durato alcuni anni:
Ho raccolto tutto quanto ho potuto e trovato; probabilmente, anzi certamente, altre parole di significato tecnico, non molte però, forse le più semplici e comuni sono sfuggite alla ricerca e alla catalogazione generale; pazienza! La loro assenza non pregiudicherà la completezza e la complessità esauriente dell'opera semantica. Comunque, due ultimi fatti mi rassicurano a tale proposito: recentemente sono riuscito a rintracciare presso il Centro di Studi Salentini (attualmente sistemato presso la Biblioteca Provinciale di Lecce) il manoscritto di E. Costantini (Lecce I860-I940), ed ho consultato il 'Vocabolario del dialetto leccese' di M. Attisani-Vernaleone (Lecce I878-I955), il primo contenente un migliaio, il secondo poche migliaia di parole tipiche dell'idioma leccese, con accanto il significato italiano, e frasi idiomatiche e detti e proverbi e descrizioni di giochi infantili; ebbene, soltanto pochissimi lemmi (appena qualche decina) di queste parziali raccolte non figuravano nel mio lessico e ve li ho aggiunti.
Sono arrivato finalmente alla conclusione del mio lavoro. E frutto delle lunghe e ampie ricerche e di tante appassionate fatiche è il presente DIZIONARIO LECCESE-ITALIANO il quale comprende 17.000 vocaboli della parlata leccese, di Lecce città, con il loro significato italiano, e, sparsi qua e là, centinaia di proverbi e altrettanti brandelli di canti popolari e di poesie in vernacolo, brani esemplari che per se stessi costituiscono un ricco florilegio della nostra migliore produzione letteraria dialettale.
Da esso derivato e ad esso strettamente legato è il GLOSSARIO ITALIANO-LECCESE formato di 16.8OO lemmi italiani con le corrispondenti voci leccesi, raggruppate possibilmente per sinonimi e affini. Ho ritenuto necessario approntare questo secondo lavoro perché si potrebbe avere curiosità o addirittura sentire il bisogno di sapere con quale vocabolo il volgo indica un dato oggetto ed una precisa azione, con quali termini esprime una sensazione e uno stato d'animo; e perciò ho ritenuto opportuno e utile raffrontare le voci italiane con le parole corrispondenti leccesi.
A questo punto, per concludere, ribadisco che la presente opera ha nel tempo un remoto sfondo, raccogliendo essa le parole arcaiche e desuete del nostro idioma, comprendendo le voci in uso dei contadini e degli artigiani, della casalinghe e dei bottegai, dei commercianti anche e dei professionisti, giungendo sino alla metà di questo secolo; nello spazio, invece, ha un raggio d'azione breve, ristretto com'è allo studio del dialetto di una zona geografica limitata, corrispondente all'ambito fonetico lessicale relativo alla città di Lecce unitamente al suo autentico circondario storico-linguistico, di cui ha fatto sempre parte il limitrofo paesetto di Cavallino, il quale, come è noto, è gravitato stabilmente su Lecce capoluogo, sia come casale della Contea, sia come feudo dei Castromediano, sia come comune dei tempi moderni.
A questo dialetto 'metropolitano' si accostano e in esso si riconoscono, perché con esso si unificano, le parlate locali dei paesi viciniori, le quali, pur presentando evidenti varianti di pronunzia (cervieδδu-cirvieδδu; uèmmeni-uèmmini-èmmeni; astemare-castimare-astimare; ni nde enimu-ni nde inimu-ni nne enimu.5), hanno in comune con l'idioma prettamente leccese tutto intero il patrimonio linguistico-culturale ed hanno, altresì, identici i caratteri peculiari e il sistema morfologico-sintattico.
Questo DIZIONARIO, inoltre, costituisce senza alcun dubbio il tronco dell'idioma salentino-leccese; sarà facile, dunque, agganciare ad esso e con esso raffrontare le diverse e differenti altre parlate della Provincia di Lecce, che si presentano, tuttavia, con vistose varianti nel lessico, nella pronunzia, nella grammatica e nella sintassi (quali, per esempio, il vernacolo di Alessano e quello di Parabita, l'altro di Ugento e l'altro di Taviano, e il gallipolino, il galatinese, il magliese, il neretino, l'otrantino, ecc.), parlate che, rispetto al leccese tipico, hanno subìto una differente evoluzione sia fonetica che lessicale, anche se, incontrandosi nnu leccese sona-campane con nnu capustieδδu del Basso Salento ed esprimendosi ciascuno nella propria lingua, finiscono per capirsi e intendersi perfettamente, appartenendo essi ad un medesimo gruppo linguistico.