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Il dialetto leccese
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Semplificazioni grammaticali

La popolazione leccese ormai costituiva una comunità sociale di tipo feudale, limitata e chiusa nel suo contado. Non essendo più in vigore le scuole pubbliche, chi insegnava ai giovanetti le complesse desinenze latine da applicare secondo i casi, i generi, i numeri ai nomi delle cinque declinazioni? Chi insegnava loro ad usare correttamente le complicate voci verbali delle coniugazioni regolari, ed ancora la forma attiva, la passiva, la deponente e, in più, le forme dei verbi irregolari? E tutti, analfabeti quali erano, finirono per applicare ai sostantivi e agli aggettivi, per il singolare e per il plurale, per il maschile e per il femminile, quattro soli (invece di sessanta!) morfemi: -a, -u, -e, le vocali risultanti, cioè, dopo l'eliminazione della -m finale del caso accusativo singolare; in seguito venne aggiunta una quarta vocale, la -i, per indicare i nomi maschili plurali; sicché avvennero le seguenti mutazioni: animam > anima, rosam > rosa, spicam > spica, manum > manu, remedium > remediu, pedem > pede, mortem > morte, pirum > piru, curtam > curta, cupum > cupu, fortem > forte, …requiem aeternam > recumeterna… È pertanto evidente che in questa prima fase le varianti maggiori si verificarono alla fine dei vocaboli, nelle desinenze.

Poi, i verbi latini si confusero e le coniugazioni da quattro si ridussero a tre; ancora, i verbi in -ere e quelli in -ire si accoppiarono, assunsero una medesima flessione amalgamandosi e semplificando sempre più le rispettive coniugazioni, vedi chiàngere e chiangìre, cùrrere e currìre, lèggere e leggìre, pàrtere e partìre, sèntere e sentìre, ecc.; di preferenza fu usata la forma attiva dei verbi, raramente la passiva; fu dimenticata la forma deponente; i verbi irregolari uniformarono la loro coniugazione a quella dei verbi regolari; alcuni tempi e modi verbali, quali il futuro e il piuccheperfetto, l'infinito passato e il gerundio passato, il participio presente e quasi tutte le voci del modo congiuntivo furono abbandonati; nella parlata leccese non comparvero mai specifiche forme verbali del modo condizionale, cosa che, invece, si verificò nella lingua toscana. Per tale diversificazione derivò che nei periodi ipotetici fu tralasciato dai leccesi l'uso abbastanza complicato del congiuntivo e del condizionale e si adoperò soltanto l'indicativo: facìa buenu ci me rrecalàa nna quattrusordi (farebbe bene se mi regalasse un ventino); ci aìanu enuti li amici, ièu m'ìa presçiatu (se gli amici fossero venuti, io mi sarei rallegrato).




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