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Cavallino - I luoghi della memoria | ||
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La Cappella della Madonna del Monte e il Camposanto
Parlando della Cappella della Madonna del Monte è bene rammentare la tradizione paesana, cara e ancora viva tra il popolo dei devoti cavallinesi.
Tanti secoli addietro un bifolco sorvegliava al pascolo i buoi del Signor barone, in contrada Capistri nel fondo 'Rutta', così chiamato perché in quel campo a piano ondulato c'era una 'grotta'.
Il bifolco con i buoi |
Uno dei buoi smise di ruminare e con gli zoccoli anteriori si mise a raschiare il terreno all'imbocco della grotta e continuò a frugare cercando… qualcosa. Il guardiano strattonava l'animale per distoglierlo da quell'impegno insolito per un bovino e per spingerlo alla pastura. Invano. Allora l'uomo guardò nella buca, notò un… qualcosa, intervenne e trasse da sotterra una lastra lapidea quadrata su cui erano dipinti il volto dolce di una Madonna e il viso ridente di un Bimbo. La notizia del ritrovamento portentoso giunse a Cavallino e presto si mossero i Sacerdoti, il Barone e la Baronessa, e tutti i residenti e si recarono alla 'Rutta' e venerarono la santa immagine.
Cappella della Vergine del Monte | Icona della Madonna |
Per conservare devotamente la sacra icona, gli abitanti del casale decisero di erigere una edicola sul posto stesso del ritrovamento, nel fondo; ma i muretti di giorno venivano alzati e di notte ruinavano, finché una innocente verginella, ispirata da Maria Vergine, con voce estatica rivelò che la Madonna voleva, sì, la cappella, però non celata nel fondo, ma eretta sul dosso della campagna, bene in vista sul 'monte'. La vergine Maria fu esaudita e i pii cavallinesi edificarono prossima alla viottola che da Cavallino portava a Lecce una chiesetta che intitolarono alla Madonna del Monte.
Altare maggiore |
Quell'antica edicola edificata con pietre informi e con il tetto di canne, derelitta nella campagna, alla fine crollò e, allora, per volontà del marchese don Francesco Castromediano e per desiderio della moglie donna Bice, una nuova cappella più degna fu innalzata in muratura, nel 1629, nel medesimo sito della precedente: aveva i quattro muri di conci squadrati e il tetto di cannicci ed èmbrici, secondo la tecnica edilizia del tempo. Fu eretto un altare di pietra affiancato da due colonnine; sopra il piano della mensa venne incassata l'icona con l'immagine di Maria e di Gesù bambino, e più su, in una seconda nicchietta, con cornice sagomata analoga a quella della Madonna, fu dipinta a fresco la figura a mezzo busto del Redentore.
Fra' Tommaso Castromediano, figlio di don Francesco, vi aggiunse un secondo altare, a sinistra, intitolato a S. Giovanni Battista,
Altare con la tela delle anime in Purgatorio |
L'anno 1720 il vescovo di Lecce mons. Fabrizio Pignatelli visitò la Cappella della Santa Vergine Maria del Monte e nella relazione fu scritto: «Il tetto è di canne ed il pavimento di lastre quadrate. Tre finestre illuminano l'interno. Poiché la fabbrica della cappella è in stato di avanzata rovina, la campana è stata riposta nella chiesa parrocchiale». Ma con il concorso generoso dei devoti fedeli presto si procedette al rifacimento del tetto e la campanella tornò al suo posto.
Nel 1776 all'interno della chiesetta della Madonna del Monte accadde un fatto straordinario, che fu raccontato nella pala posta sopra l'altare di destra: la pittura a olio, eseguita da Luigi Tondi di Lecce, mostra un fulmine saettante che, penetrato attraverso il foro della fune della campana, si scarica con fragore all'interno del sacro tempio;
La tela del prodigio |
Miracolo della Madonna! Tutti sono salvi, eccetto quel cagnolino che, entrato di soppiatto, era accucciato ai piedi della padrona. Sulla tela, di recente male ritoccata, scritto a punta di pennello, è spiegato l'accaduto: «In questo quadro fatto per ordine di S. Ecc. Don Giacinto Castromediano Duca di Morciano e Marchese di Caballino, e per devozione della Università di detta Terra si rappresenta il gran miracolo… avvenuto il 26 luglio dell'anno 1776…»
Col tempo, poi, la venerazione dei Cavallinesi verso la Vergine del Monte cominciò a scemare, sin quasi a spegnersi, e le visite alla cappella solitaria divennero sempre più rare, tanto che il custode, un certo Domenico Giannone, si sentì libero di usare l'attigua sua stanza come deposito di foraggio e di trasferire la propria dimora nella cappella. Qualche visitatore notò questo sconcio e ne informò il sindaco Giuseppe Arigliani, il quale, portandosi dietro alcuni testimoni, fece a sorpresa un sopralluogo: «Tutto era disordine ed indecenza - La moglie del Custode inferma stesa sul Paglione nella Chiesetta. Pollastri, e Galletti saltellanti sull'altari; Vasi di uso d'ogni genere sperperati per ogni punto della Chiesa: Lettame, e vittovaglie ammonticchiate quà, e là… ». È superfluo aggiungere che il Decurionato, riunito il 23 agosto 1846, destituì il custode fannullone e autorizzò il Sindaco a nominarne un altro. (Libro dei Verbali del Corpo Civico).
La cappella del Monte subì l'ultimo radicale intervento architettonico nell'anno 1871 allorquando - Sindaco Raffaele De Pascalis - fu ingrandita secondo le necessità ed ebbe l'attuale facciata a timpano semplice monocuspidale; le due fiancate furono rinsaldate con otto archi ciechi (quattro per lato) a tutto sesto, distribuendo su di essi i carichi della volta in muratura.
Nel fianco sinistro venne praticata una porticina, nel cui architrave all'esterno fu incastrato un concio di pietra rinvenuto nelle vicinanze e recante una iscrizione bizantina, la quale parla di una chiesa di Santa Teotokos, edificata da Giovanni figlio di Pellegrino su commissione di tal Nicola Marchiante…
Sotto il pavimento della cappella fu ricavata una cisterna, da cui si attingeva con un secchio l'acqua per i vasi da fiori. Attiguo al fianco sinistro del tempio fu costruito un umile alloggio per l'oblate custode della Chiesetta del Monte e del Camposanto, divenuti ormai un tutto uno, così che dalla metà dell'800 la sorte del santuario della Vergine del Monte, sino a pochi anni prima isolato nella campagna, si legò a quella del cimitero, tanto che la 'Chiesa del Monte' divenne la 'Chiesa del Camposanto' e, ora, la 'Cappella del Cimitero'.
È noto che nei tempi passati ovunque era in vigore l'usanza di seppellire le salme dei morti nelle chiese. A Cavallino i cadaveri dei defunti entravano nella Chiesa madre e non ne uscivano più giacché, dopo 24 ore dal rito funebre, la bara veniva sollevata dal catafalco e calata in una delle sepolture comuni scavate sotto il pavimento dell'edificio sacro. Ma i gas mefitici della decomposizione dei corpi, espandendosi, filtravano all'interno dell'edificio e le ariette maleodoranti venivano talvolta percepite dai fedeli presenti; e proprio per motivi igienico-sanitari il Re di Napoli Gioacchino Murat nel 1813 decretò che tutti i Comuni del Reame dovevano dotarsi di un cimitero regolamentato, sito lontano dall'abitato.
Camposanto, zona dei solchi per l'inumazione |
Il Decurionato di Cavallino - Sindaco Pasquale Garrisi, massaio - solo l'anno 1834 poté acquistare un campetto in contrada Capistri, attiguo alla Cappella della Madonna del Monte, e vi approntò il Camposanto, che venne benedetto nel 1835 dal vescovo di Lecce S. Ecc. mons. Nicola Caputo.
Dodici anni dopo, e precisamente nel 1846 - Sindaco Giuseppe Arigliani, sartore - fu aggiunto un altro brandello di suolo non benedetto, dove inumare «…i bambini morti senza battesimo e coloro che indegni si rendono della sepoltura ecclesiastica».
Quando però nel 1848 si constatò che la zona cimiteriale era già colma di cadaveri e che il Consiglio Civico non aveva disponibilità finanziarie per procedere all'ampliamento del camposanto, il Decurionato civico - essendo Sindaco Vito Rizzo, maestro meccanico - propose e deliberò di tornare a seppellire i morti «nella Chiesa matrice, la quale offre quindici ben ampie Sepolture… e nel Convento degli ex Padri Domenicani, in dove sono tre sole Sepolture». L'anno 1853 nel recinto del cimitero fu pronto l'Ossario comune; pertanto fu possibile riesumare nel camposanto i resti dei defunti primamente sepolti e liberare parecchi posti nei solchi, e allora, dopo soli cinque anni di emergenza, si smise definitivamente di seppellire i morti nelle chiese e si tornò a inumarli nel cimitero.
Nel 1893 l'illustre patriota Sigismondo Castromediano, nostro concittadino meritevole, ottenne in concessione una zonetta di pochi metri quadrati, e lì si fece costruire una modesta edicola funeraria con l'entrata dall'interno del cimitero; il sepolcro verso lo stradone principale prospetta la faccia destra, su cui è fissata una epigrafe marmorea dettata dallo stesso Sigismondo, il quale là fu sepolto nel 1895.
Ingresso al cimitero | Primi loculi ipogei della Congrega |
L'anno 1955 fu realizzato l'ingresso monumentale, unico per la cappella della Madonna del Monte e per il cimitero, cui segue un lindo viale fiancheggiato da vecchi alti cipressi; il prospetto dell'entrata è reso importante dalle quattro colonne doriche che reggono l'architrave.
Edicola di Sigismondo Castromediano: porta d'ingresso ed epigrafe |
Il complesso del prospetto, comunque, è interessante per le tre opere scultoree eseguite e donate dal concittadino Stanislao Maggiore, anima d'artista più che di farmacista: alta sopra l'architrave è la statua in pietra della Vergine Maria del Monte, che stringe al seno il Bambino Gesù e accoglie benigna gli abitanti di questa terra che hanno terminato la vita terrena; a sinistra, sopra un muro, è la statua di un Vecchio decrepito che, seduto e appoggiato stancamente a una stele, medita sull'umano destino; sul muro di destra è la statua di una Donna afflitta che, inginocchiata accanto a una colonna spezzata, è raccolta in dolorosa preghiera.
Statua di Vecchio stanco | Statua di Donna afflitta |
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