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Cavallino - I luoghi della memoria
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Il feudo e il casale di Cavallino Strade, porte, cappelle La Cappella della Madonna del Monte e il Camposanto

Strade, porte, cappelle

Si hanno notizie sicure che anticamente dal borgo di Caballino si dipartivano cinque strade, massicciate nel primo tratto, a fondo naturale nel resto.

Una (strata te lu Crucefissu), la più frequentata dai contadini e dalle greggi, si inoltrava nel pianoro di Tafagnano e si diramava in vari tratturi che raggiungevano le masserie Vadacca e Verardi, la masseria Crocifisso e il giardino Le Petre, quindi, poco oltre, sboccava sulla via diretta Lizzanello-Lecce.

Un altro sentiero prima diritto (strata te lu monte) sfiorava la cappella della Madonna del Monte in contrada Capistri, poi tortuoso e sconnesso (strata te lu Pignu) si prolungava verso il giardino S. Lazzaro e la masseria Pignu, voltava verso la Purchera e, continuando per una viottola a fondo naturale, si immetteva sulla strada importante Leuca-Lecce; però, nel 1851 la via era diventata disastrata e impraticabile, tanto che il Decurionato si vide costretto a ripararla, ma, poiché nelle casse comunali non c'era un solo ducato disponibile, procedette «… alla scelta di un numero di buoni Cittadini, onde occupati si fussero a raccogliere delle offerte volontarie e soscrizioni onde potersi tanto conseguire


Strada del Crocifisso e, sulla destra, il tabernacolo
Strada del Crocifisso e, sulla destra, il tabernacolo

Finalmente, nel 1853, «Il Decurionato = Considerando l'utilità dell'Opera essendo un pubblico commodo per il continuo trafico da questo Comune alla Capitale e per ogni bisogno… », fu approvato il progetto del nuovo tracciato Cavallino-Lecce, quello odierno, il quale fu completato soltanto sei anni dopo e alle tasche dei contribuenti venne a costare circa 2.000 ducati (si tenga presente che il bilancio annuo del Comune mediamente ammontava a D.ti 300).

Una terza strada partiva dal medesimo punto d'inizio della precedente strada della Madonna del Monte: era un tratturo a fondo naturale segnato da due profonde carreggiate, attraversava un ficheto, per cui era detto strada de li Culummi (i fichi fioroni), si prolungava quasi parallelo alla strada della Madonna del Monte e, infine, sboccava sulla Leuca-Lecce, in contrada Tempi Nuovi.

La quarta via vicinale (strata te Lezzanieδδu) usciva dall'Arco di Loreto e muoveva verso est, piegava in zona Serra e in contrada Piru si divideva in un viottolo che portava in direzione di Merine e in un sentiero che conduceva a Lizzanello, un borgo vicinissimo a Cavallino ma facente parte di un'altra giurisdizione feudale.

La quinta strada (te la Nunziata), allora fuori dell'abitato ma entro le mura, diritta, larga, lunga trecento passi circa, aveva inizio dal piazzale davanti all'isolata Chiesa matrice del paesello e terminava presso la Cappella dell'Annunziata, fuori mano; poi la via, superata la porta omonima, si divideva in due arterie delle quali l'una si dirigeva in direzione dell'altro borgo di S. Cesario (l'attuale via per S. Cesario fu tracciata e selciata nel 1886), e l'altra portava a Campogrande, man mano diramandosi in via Menze - Spezzafierru - Sciurti, in via Madunneδδa - Quattru Parmenti e in via Caprarica (il vecchio sentiero, perché l'odierna via rettilinea Cavallino-Caprarica, a partire dall'Osanna, fu realizzata nel 1884).

Erano strade generalmente fiancheggiate da muretti
Viottola del sediolo

Viottola del Sediolo
costruiti a secco con pietre informi raccolte nei campi, il centro strada era tracciato dalle orme degli zoccoli dei cavalli, dei muli, degli asini, e da due paralleli solchi scavati dalle ruote dei carri agricoli; entrambi i margini erano erbosi e vi pascevano le pecorelle isolate prive di pascoli.

Altre notizie documentate di cinque-seicento anni fa ci informano che, essendo frequenti nella Terra d'Otranto le razzìe piratesche e non rare le epidemie contagiose quali la peste e il colera, i casali per motivi di difesa e di salvaguardia erano costretti a circondarsi di mura e a creare un cordone sanitario.

Anche Cavallino aveva le sue mura, fatte di pietre e conglomerato, alte tre metri, che si prolungavano ininterrotte intorno all'abitato per circa un chilometro (e noi concittadini di una certa età "le mure" in alcuni tratti ce le ricordiamo ancora).

Ovviamente, per uscire dal borgo e per entrarvi ci volevano i varchi e Cavallino nei quattro punti di uscita aveva altrettante porte appositamente costruite: 1) l'Arco de lu Calò, poi detto del Crocifisso perché vicino a un'edicola dedicata a Gesù crocifisso; 2) l'Arco di Lecce, all'imbocco di via per Lecce e di via Culummi; 3) la Porta dell'Annunziata, attigua alla cappella omonima, donde si divaricavano il sentiero per S. Cesario e il sentiero per Caprarica; 4) l'Arco di Loreto, contiguo alla cappella della Madonna di Loreto, sito all'inizio della strada vecchia per Lizzanello.

Era còmpito e interesse dei Signori baroni curare la manutenzione della muraglia
Sito dell'Arco de lu Calò

Sito dell'Arco de lu Calò
e delle quattro porte, ed era dovere dei sudditi residenti in paese prestare determinate giornate lavorative gratuite per il restauro e il consolidamento di tali opere civili. Nel 1655, per esempio, in occasione dell'incombente pericolo della peste, intervenne il marchese don Francesco Castromediano per far rinsaldare gli archi sdruciti e restaurare le mura che in qualche tratto erano ruinate; e alcuni anni dopo, essendosi presentato imminente e grave il rischio del colera, il marchese-duca don Domenico Ascanio Castromediano al posto del vecchio e pericolante arco di via Lecce fece costruire una nuova vera porta più larga e robusta, che - come risultava dall'epigrafe latina in essa incisa - chiamò Porta Caracciolo, dal cognome e in omaggio della moglie Isabella Caracciolo; ma gli abitanti cavallinesi la indicarono dall'inizio e sempre la chiamarono Porta Lecce o Porta Convento; questa porta, infine, fu demolita nell'anno 1902 per regolare, anche se contrastata, delibera consiliare approvata dall'Amministrazione comunale di Cavallino - Sindaco Antonio Totaro Fila, avvocato.

L'Arco di Loreto lesionato e cadente fu abbattuto l'anno 1850 allorquando - essendo Sindaco Oronzo Nicola Ingrosso - venne tracciata, aperta a cominciare proprio da quel punto, e costruita la strada nuova selciata diretta per Lizzanello.

Il 22 maggio 1864 il Consiglio Municipale costituì un Comitato di buoni cittadini con l'incarico di raccogliere oboli volontari per salvare la cadente Cappella della Madonna di Loreto; ultimata però la sottoscrizione, si constatò che le offerte erano insufficienti all'opera di consolidamento, per cui i lavori non furono eseguiti, e qualche tempo dopo - Sindaco Luigi Totaro Fila, notaio - la Cappella crollò per decrepitezza.

L'antico Arco de lu Calò o del Crocifisso, che aveva suggerito l'intitolazione a una Madonna, S. Maria dell'Arco o Madonna dell'Arco, un semplice arco fatto di pietre tenute insieme da malta di terra rossa - ce lo ricordiamo ancora -, la vecchia Porta del Crocifisso, che per secoli aveva sorvegliato l'uscita volonterosa all'alba e il ritorno stanco all'imbrunire dei contadini, era diventata debole e cadente, minata oramai dalle offese del tempo.

E nel 1955, dopo una settimana di pioggia costante, la fodera esterna dell'arco s'abbatté al suolo. Il sindaco Carlo Luigi De Giorgi, l'ingegnere Alessandro Baldassarre e il dottore Mario Gorgoni, sovrintendente provinciale ai beni artistici, si premurarono di salvare la più antica porta del paese; purtroppo, un susseguente nubifragio dilavò la struttura già sdrucita e l'Arco crollò su se stesso sbriciolandosi: aveva esaurito il suo compito e lasciava un più largo àdito al "progresso" che avanzava con i moderni trattori, aratrici, trebbiatrici e furgoncini.

La fatiscente Porta dell'Annunziata fu demolita. Nella metà del Settecento si verificò in Cavallino un notevole
Porta S. Giorgio, in un dipinto dal vero di A. Garrisi del 1968

Porta S. Giorgio, in un dipinto dal vero di A. Garrisi del 1968
incremento demografico, sicché parecchie nuove case cominciarono ad essere edificate fuori la cinta delle vecchie mura; ed essendosi ormai esteso l'abitato del paese principalmente al di là delle mura dell'Annunziata verso la campagna, fin nei pressi della Cappella di S. Giorgio (eretta questa nel 1765 da fra' Pasquale Castromediano), il marchese-duca Gaetano Castromediano nel 1790 fece abbattere questa vecchia porta e ne fece edificare una nuova più in là, con l'uscita su Largo Osanna (lu Sannà) in direzione e di Caprarica e di Campogrande.

Questa porta dapprima fu chiamata Porta Nuova, semplicemente, poi, per il fatto che nelle vicinanze (angolo via A. Diaz - via Caprarica) c'era la nota cappella di S. Giorgio (ora negozio), i Cavallinesi cominciarono e seguitarono a chiamarla Porta S. Giorgio, e con questo nome la si indica pure oggi.

Il suo prospetto esterno è alquanto mosso per due colonne ioniche rastremate ritte su due alti plinti, colonne che si affiancano all'apertura ad arco a tutto sesto e sorreggono una robusta trabeazione contenente una lunga epigrafe in latino maiuscolo e, al di sopra, un fastigio cuspidale a volute, il quale mostra lo stemma gentilizio dei Castromediano.

L'epigrafe, alquanto erosa, informa e attesta:

D. O. M.
PRO DIGNIORI HINC ADITU
DISIECTA VETERI PORTA
SPATIOQUE RELICTO OPPORTUNO
EXSTRUENDIS UTRIMQUE DOMIBUS
CAIETANUS CASTROME. DE LYMB.
HIEROSOLYMITANUS EQUES
DUX MORCIANI CABALLINI MARCHIO
ELEGANTIOREM PORTAM
HIC HERIGI CURAVIT
A. RE.P. SALUTIS 1790
TU VERO LARIS
TANTI VIRI NOMENQ. DECUSQ.
TESTARE POSTERIS

Cioè: "Dio Ottimo Massimo - Per un transito più agevole in questo punto, abbattuta la vecchia Porta (dell'Annunziata) e lasciato spazio più che bastevole per nuove abitazioni su entrambi i lati della via, Gaetano Castromediano di Limburg - Cavaliere Gerosolimitano - Duca di Morciano - Marchese di Caballino - fece qui erigere nell'anno della Redenzione e della Salvezza 1790 una Porta più elegante. Tu, Porta, tramanda ai posteri e il nome e il decoro di tanto Uomo tutelare del paese".

(Proprio in questi giorni, ultimati i lavori di pulitura, la porta è stata liberata dall'impalcatura e restituita alla vista dei passanti; ma quei cavalletti metallici vistosi e superflui, impiantati avanti e dietro la storica Porta, costituiscono una bruttura prospettica, una vista antiestetica, e infastidiscono l'osservazione).

La porta antica dell'Annunziata, dunque, fu demolita nel 1790, ma la Cappella della Madonna dell'Annunziata, eretta nel 1615, rimase in piedi e continuò ad essere frequentata dai devoti; era di un solo vano, aveva il tetto di canne - così è scritto nel verbale della Santa Visita del 1748 - ed era dotata di una piccola campana; l'altare della Annunciazione aveva, al di sopra della mensa entro una nicchietta, la testa di Maria Vergine dipinta a fresco sulla pietra, e, accanto più in alto, c'era l'Arcangelo Gabriele dipinto su tela a figura intera; nella tela però, in corrispondenza della nicchietta, c'era uno squarcio che lasciava vedere in fondo il volto affrescato dell'Annunziata. L'altarino laterale era intitolato alle Sante Legata e Apollonia dipinte sulla parete.

La cappella, avendo le basi poco solide e il tetto di canne e tegole, già a cominciare dal 1634 ebbe bisogno di reiterati interventi di consolidamento, ma non sempre la Tesoreria del Comune aveva disponibili i fondi occorrenti ai restauri, per cui l'edificio andò via via deteriorando… finché il 20 agosto 1850 - Sindaco Oronzo Nicola Ingrosso - subito dopo la funzione vespertina crollando rovinò su se stesso; nel 1856 - Sindaco Domenico Buccarelli - la cappella nella parte rustica era stata ricostruita: aveva la facciata con frontone a doppio spiovente, sulla cui cuspide c'era la statuetta di S. Oronzo; tre anni dopo fu completato l'altare con il reliquiario e finalmente nel 1860 - Sindaco Vito Rizzo - dopo l'acquisto a spese del Comune dell'Ostensorio, di una Croce idonea e di una tovaglia ricamata per l'altare, poté essere riconsacrata e restituita al culto. Puntualmente ogni anno, il 25 marzo, festa dell'Annunziata, nel larghetto antistante alla Cappella si svolgeva la cuccagna con grande partecipazione di popolo.

L'anno 1963 l'Amministrazione comunale - Sindaco Luciano Sambati - compì l'ultimo intervento di restauro alla vecchia chiesetta, e alla facciata venne aggiunto un pronao poggiante su quattro colonnine quadrangolari.


Cappella dell'Annunziata, demolita (cartolina d'epoca, ed. Ginelli)
Cappella dell'Annunziata, demolita (cartolina d'epoca, ed. Ginelli)

Pochi anni dopo, e precisamente nel 1970 - Sindaco Gaetano Baldassarre - la cappella dell'Annunciazione fu demolita e la sua area venne occupata da una aiuoletta, in mezzo alla quale fu posta una stele con la statuina marmorea della Madonna, … a ricordo.


Nicchia de la Madunneδδa Cappella della Madonna dell'Arco
Nicchia de la Madunneδδa Cappella della Madonna dell'Arco

Intorno alla metà del '600 gli abitanti del rione Calò edificarono a loro spese una cappella monolocale che dedicarono semplicemente alla Madonna; ma a Cavallino c'erano pure la Madonna del Monte, la Madonna dell'Annunziata, la Madonna di Loreto…, e allora cominciarono a distinguerla con il nome specifico di Madonna dell'Arco e a indicarla sui documenti con il titolo di S. Maria dell'Arco, perché prossima all'arco della muraglia. La cappella, con il corpo avanzato sulla via de lu Calò, ora via Crocifisso, ha la facciata segnata da una porta d'ingresso e da una finestra soprastante analogamente incorniciate; sulla cuspide del timpano è fissata una croce scalpellinata nella pietra leccese. L'interno è rischiarato da due finestrelle laterali; sopra l'altare in pietra sagomata c'era in passato una tela con la figura di Maria Santissima, che andò distrutta dalle fiamme: al suo posto c'è ora la tela con l'immagine di Maria Vergine con il Bambino, dipinta e donata dal concittadino Antonio Malorgio l'anno 1951. Oggi la Cappella, ancora aperta al culto, è in fase di ripulitura e di restauro a cura delle pie donne che costituiscono il Gruppo di Preghiera di Padre Pio da Pietrelcina.

Proseguendo per via de lu Calò, oltrepassato l'arco, ci si immette nella strada del Crocifisso;
Cappella del Crocifisso

Cappella del Crocifisso
a circa duecento passi, nascosta in una cava di pietra in parte ricolmata di terriccio coltivabile, fu eretta verso i primi del XVIII secolo la Cappella del Crocifisso, probabilmente soltanto benedetta e non pure consacrata, non avendo avuto mai un altare con il reliquiario; è un vano disadorno simile ad una stanza di casa rustica, sulla parete interna frontale s'intravede la figura di Cristo in croce dipinta a fresco. Ora la cappella si trova in uno stato di abbandono, ma un tempo dovette essere ben riverita se trasmise il proprio nome all'Arco del Crocifisso, alle cave del Crocifisso e al più attrezzato, efficiente e frequentato frantoio oleario ipogeo, scavato nei pressi, indicato appunto come trappeto del Crocifisso.

Tante brigate di persone, il martedì dopo Pasqua di ogni anno, si radunavano nelle cave circostanti alla cappella, prendevano posto ai piedi di un albero di fico o all'ombra di un cespuglio di alloro o di un alberello di cotogno, e consumavano in allegria una merenda a base di uova sode o fatte a frittata, e di melanzane a fette cotte in umido con menta e aglio; e, dopo, i ragazzi si divertivano a far volare gli aquiloni da loro stessi confezionati.

Poiché la Cappella del Crocifisso non era visibile dalla strada,
Cappella del Crocifisso: affresco interno

Cappella del Crocifisso: affresco interno
per rammentarla ai passanti e provocare un loro cenno di saluto, fu eretta sul ciglio della strada una nicchia di pietra rozzamente scalpellinata a schematici motivi floreali, e all'interno fu dipinto ancora il Crocifisso, ai cui piedi anche tutt'ora mai manca un fascio di fiori di campo. Questo tabernacolo fu eretto proprio sul trappeto ipogeo del signor marchese: per una scala picconata nella roccia si scendeva nel frantoio sotterraneo, il quale aveva due vasche, sei torchi alla calabrese e due presse alla genovese, numerose cellette per le partite di olive, tre vani per i giacigli dei trappetari, un focolare e due mangiatoie delle bestie che facevano girare le macine.

Le medesime caratteristiche aveva l'altro più piccolo frantoio ipogeo, scavato in via de lu Calò, poco prima dell'Arco, a sinistra. Ecco perché via Calò era assai trafficata dai carri agricoli (traìni e sciarabbà), e il 22 ottobre del 1848 il sindaco Vito Rizzo ebbe a dire: «…è noto che la strada interna dei trappeti a porta del Crocifisso, durante il ricolto oleario è di molta importanza pel paese, atteso il continuo traggitto che vi si esercita. Per renderla più aggiata e commoda mi sono affrettato di far elevare perizia ascendente a Docati quindici, e grana venti per restaurarla nei suoi punti più malconci, e brutti…»

Altri due frantoi ipogei erano nel territorio di Cavallino: l'uno, verso Ussano, denominato "Santusì"; l'altro, verso S. Cesario, detto "Trappite noe".

Un'altra antica cappella esiste nel territorio di Cavallino, quella intitolata a S. Maria delle Grazie, da molti anni ormai sconsacrata, derelitta e cadente; ma essa già esisteva nel 1613, eretta da privati (i Savini?) in aperta campagna lungo il sentiero interpoderale che prende nome appunto di "strada Madonna delle Grazie" e mette in comunicazione la masseria Sant'Alieni con Lizzanello (oggigiorno essa è visibile anche percorrendo la circumvallazione di questo paese).


Frantoio oleario ipogeo Cappella di S. Maria delle Grazie
Frantoio oleario ipogeo Cappella di S. Maria delle Grazie

Non lontana e nella medesima contrada è la cappella di S. Lucia.
Cappella di S. Lucia, interno

Cappella di S. Lucia, interno
Prima essa era stata sotto il patronato dei monaci Celestini di Lecce, di cui c'è tuttora l'emblema in pietra incassato nel prospetto; poi fu assegnata al Capitolo ecclesiale di Cavallino.

Sino a non molti anni fa - me lo ricordo - i Cavallinesi devoti di S. Lucia nella zona circostante all'edicola erano soliti, il 13 dicembre di ogni anno, svolgere un panieri, cioè una sagra paesana con mercatino, messa solenne a devozione della Santa protettrice degli occhi e della vista, merenda al sacco e danza finale con il ballo della pizzica-pizzica.

Poi, parte della facciata rovinò e la cappella rimase esposta alle intemperie e abbandonata all'incuria. Soltanto recentemente il prospetto è stato riedificato e la mutila iscrizione lapidea latina, ricomposta, è stata rimessa nel suo posto primitivo, cioè la trave della porticina d'ingresso.

Sopra l'altare, un affresco, purtroppo abbastanza deteriorato, presenta a grandezza naturale l'immagine iconografica di S. Lucia, la quale con la mano destra regge un vassoietto contenente due occhi e con la sinistra regge la palma simbolo del martirio.

Restituita l'edicola al culto, il parroco di Cavallino, mons. Luigi De Filippo, ricorrendo la commemorazione di S. Lucia si è recato alcune volte alla cappella per celebrarvi la messa; ma i suoi parrocchiani non lo hanno accompagnato: il sentimento di venerazione verso la Santa s'è offuscato e la tradizione della sagra è morta.

Se si escludono l'edicola inclusa nel recinto della masseria Pignu,
Cappella di S. Maria Incoronata

Cappella di S. Maria Incoronata
dedicata a S. Maria Incoronata, e quella, soffocata dai rovi, cadente, sconsacrata, attigua alla torre della masseria Nsarti, di altre cappelle suburbane non ci sono più tracce né si conserva ricordo, e perciò non le citiamo nemmeno.

Dentro Cavallino ci sono altre due sacre edicole fatte costruire da privati devoti. In via S. Cesario è la Cappella di S. Luigi Gonzaga, eretta l'anno 1929 dai coniugi Paolo Montinaro e Concetta De Pandis; si compone di un solo vano ed ha la facciata monocuspidale; l'altare è in pietra e la lastra della mensa poggia su due colonnine scanalate; sopra l'altare in una vetrina è la statua in cartapesta del Santo.

In via Principe di Piemonte è la Cappella di S. Rita da Cascia, edificata dalla pia e devota Ercolina Murrone e aperta al culto nel 1955; la facciata ha un frontespizio a cuspide sormontato da una croce; la porta ad arco ogivale è contornata da una cornice a intagli ed è sormontata da un finestrino a oblò; l'interno, con volta a crociera, è dotato di un semplice altare marmoreo, accanto al quale, in una vetrina, è la statua in cartapesta di S. Rita.


Cappella di S. Luigi Gonzaga Cappella di S. Rita da Cascia
Cappella di S. Luigi Gonzaga Cappella di S. Rita da Cascia

Intorno al 1925 il Comune di Cavallino conobbe il suo primo progresso economico-sociale, favorito principalmente dall'introduzione, nel contesto di una economia prettamente agricola, della coltivazione e della lavorazione del tabacco, attività in cui erano impegnate non meno di mille famiglie cavallinesi e ben sei Ditte concessionarie.

All'aumento dei redditi familiari e soprattutto all'accrescimento demografico della popolazione («Italiani, fate figli!» - era l'ordine di B. Mussolini) si accompagnò in paese un vero incremento edilizio.

Alcuni anni prima era stata prolungata nel fondo Palummaru la corte dei "Tramuntana" e si era aperta l'attuale via Principe di Piemonte; poi, vennero utilizzati gli orti edificatori ai lati di via S. Cesario, che si prolungò fino all'incrocio con via Trieste.

Finalmente - podestà Edoardo Luigi Totaro Fila, detto don Nino - nel 1928 il Comune di Cavallino ebbe il tanto atteso impianto dell'energia elettrica e nel 1930 anche la rete dell'acquedotto pugliese.

Inoltre, fu completata la via A. Diaz, su cui venne posto il lungo prospetto del primo edificio della scuola elementare comunale, inaugurato l'anno 1935 (precedentemente le lezioni si erano tenute in stanze sparse del paese prese in affitto); e, infine, venne sfondata l'antica corte Andrea e aperta l'attuale via G. De Dominicis per collegare direttamente il nuovo edificio scolastico con il centro dell'abitato.




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