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I Castromediano
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Sigismondo I (1470-1534),
12o barone
Giovanni Antonio II (1518-1571),
13o barone
Le coste salentine a rischio di sbarchi nemici



I CASTROMEDIANO

Giovanni Antonio II (1518-1571), 13o barone

La popolazione del feudo di Cavallino, intanto, aumentava e dunque cresceva la forza lavoro e il numero dei contribuenti. Nel 1543 si erano contati 93 fuochi (focolari, vale a dire nuclei familiari) corrispondenti a 576 abitanti; nel 1595 i fuochi furono 113 e quindi le persone residenti utili 678 (esclusi i servi e gli indigenti esonerati dalle tasse).

Pianta di Cavallino nel cinquecento
Pianta dell'abitato di Cavallino nel Cinquecento

Nei periodi di quiete, don Sigismondo I, dimorando in Cavallino, si preoccupò di rafforzare le opere di difesa del casale, completò la cinta muraria intorno all'abitato congiungendo i preesistenti staccati tratti di muri perimetrali. Essendo cresciuti di numero i residenti nel feudo, il barone al posto della piccola e malridotta chiesa trecentesca fece costruire una parrocchiale più capiente, solida e bella; vi aggiunse pure due altari laterali, aumentò le sepolture sotto il pavimento e dietro l'altare maggiore fece approntare due distinte tombe: una di patronato della famiglia Castromediano e l'altra riservata agli ecclesiastici.

Allorché il padre, ancora in vita, era impegnato in doveri pubblici e in affari politici, Giovanni Antonio II si dedicava alla conduzione dei possedimenti feudali; portò a termine gli interventi di completamento delle mura aumentandone l'altezza e curò i lavori di consolidamento delle quattro porte del paese ristrutturandole ad arco e munendole di portoni più robusti e resistenti ad eventuali assalti.

Morto Sigismondo I nel 1534, gli successe il figlio Giovanni Antonio II detto il giovane, il quale resse i domini della casa Castromediano per trentasette anni sino al 1571. L'anno 1540 sposò donna Beatrice Dentice, dalla quale ebbe otto figli: Sigismondo il successore, Camillo sarà sacerdote, Fabio e Ottavio faranno i militari di carriera, Marcello morto infante, Lavinia andrà sposa a Luzio Saraceno, Dianora e Zenobia saranno monache Clarisse in Lecce.

Ritiratosi in Cavallino, Giovanni Antonio II diede inizio a importanti lavori di ampliamento della dimora baronale e sul lato di sud ovest, aperto, del maniero aggiunse un quarto corpo architettonico a due ordini: al pianterreno, l'androne d'ingresso, botteghe, rimesse e locali vari; al piano soprastante, saloni, camere e diversi ambienti abitabili; il lungo parapetto della terrazza fu guarnito di merli guelfi e di caditoie evidentemente a solo scopo ornamentale.

Nel piano superiore, a livello rialzato cui si accede per quattro gradini, eresse anche la graziosa cappella padronale dedicata a Santo Stefano, che poi con privilegio di papa Pio IV fu elevata a "pubblico oratorio".

Palazzo, altare della cappella di S. Stefano
Palazzo, altare della cappella di S. Stefano (foto P. Garrisi)



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