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I Castromediano
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Cavallino, da baronia a marchesato Francesco (1598-1663),
1o marchese di Cavallino
2o prospetto genealogico
dei marchesi Castromediano



I CASTROMEDIANO

Francesco (1598-1663), 1o marchese di Cavallino

Don Francesco segnò l'epoca più splendida del casato de' Castromediano del ramo cavallinese, progredito con lo sfruttamento delle vaste proprietà terriere e dei residenti vassalli d'ogni ceto. Egli sin da giovane si esercitò con passione nell'equitazione competitiva e nell'uso delle armi.

Il suo contemporaneo G.C. Infantino così testimoniò:

Si deve sapere che i Leccesi han fatto sempre particolar professione di tener in lor servigio generosi destrieri, et esser stati sempre in questa Città segnalati soggetti d'ammaestrarli, e per lasciar da parte gli antichi, dirò d'alcuni, che a' tempi nostri eccellentissimi sono stati, come D. Francesco Castromediano Marchese di Cavallino, Francesco figliuolo di Giorgio Antonio Paladini Baron di Lizzanello, Rugiero Lubello, e Girolamo Cigala Baron di Sternatia, i quali han tenuto sempre appresso di loro bellissimi cavalli…1

Don Francesco dimostrò la sua abilità e perizia dapprima nel corso del servizio militare prestato con il grado di Capitano nell'esercito di re Filippo IV di Spagna, e poi nei tornei e nelle giostre che si organizzavano a Lecce, a Nardò, a Gallipoli, a Conversano, a Bari; alcune volte si recò sino a Napoli per cimentarsi a singolar tenzone con altri cavalieri in spettacolari incruenti duelli; e alla presenza di nobiluomini boriosi, di dame vanitose, di donzelle ammirate, il prode baroncino cavallinese si esaltava e riusciva molto spesso vincente.

Era un giovane aitante e altero don Francesco, orgoglioso delle prerogative feudatarie, geloso dei privilegi della casata, fiero delle benemerenze degli avi, superbo della propria discendenza paterna e ora pure di quella materna, tanto che volle prendere per sé i due cognomi Castromediano e Sanseverino, e anche nello stemma di sua famiglia volle inquartare gli emblemi delle due casate.

L'anno 1627 i residenti cavallinesi assistettero impressionati e compiaciuti a un avvenimento memorabile. Le settimane precedenti, guidati dai fattori del marchese, avevano ripulito le strade e le piazzuole del casale e incalcinato le facciate delle case; diretti da un architetto, avevano appeso ghirlande di fiori per le vie e innalzato archi di trionfo. Tutti vestiti a festa poterono vedere arrivare tutta la nobiltà di Terra d'Otranto: principi, conti, duchi, marchesi, baroni, cavalieri, con le rispettive consorti, che venivano a Cavallino per partecipare alle feste organizzate in occasione delle nozze di don Francesco Castromediano Sanseverino con la nobile damigella Beatrice, figlia diciottenne di don Giovanni Acquaviva d'Aragona dei Conti di Conversano e Duchi di Nardò.

Beatrice, cordialmente chiamata donna Bice, nata nell'aprile del 1609, all'età di dieci anni fu mandata come educanda nel monastero di S. Marcellino in Napoli, e affidata alla zia materna Rev. Madre Maria de Cardines, monaca claustrata dell'Ordine di S. Benedetto. Nel luglio del 1627 dal cugino conte Gian Girolamo Acquaviva d'Aragona la pia e ingenua contessina fu tratta fuori dal monastero e ricondotta a Conversano, …Che però, dovendola di Sposo ben degno provedere, fra mille Eroi fu scelto l'Ill.mo Sig. D. Francesco de' Castromediano Sanseverino Marchese di Caballino.2

La giovane e gentile Signora Marchesa "donna Bice" aveva portato nel cuore da Napoli a Cavallino un particolare fervore devozionale per S. Domenico di Guzmàn, e facilmente convinse il marito a includere nei progetti edilizi anche la fondazione di un convento per ospitarvi i monaci Domenicani. Subito fu iniziata la costruzione del chiostro con licenza del Padre Provinciale dei Padri Predicatori, con consenso del Rev. Capitolo di Cavallino, con beneplacito di S. E. mons. Scipione Spina vescovo di Lecce.

La chiesa del convento fu eretta sullo stesso sito della vecchia cappella di S. Nicolò; contiguo fu costruito il chiostro sul luogo di un vecchio palazzo e al posto di alcune casupole e nell'area di un cortile, di una stalla e di un pozzo.

Convento fabricato sopra il sito e luogo del Palazzo vecchio, e Case donate a questo fine dal sopradetto Marchese, come anche concesse e donò una Chiesa vecchia detta l'Abbazia di S. Nicolò jus patronato della Casa Castromediana, ove si è edificata la nuova Chiesa sotto il titolo dei Santi Nicolò e Domenico.3

altare di S. Benedetto
Chiesa del convento, altare di S. Benedetto e di S. Scolastica,
ritratta pure Donna Beatrice con i suoi nove figlioletti
(foto P. Garrisi)

Contemporaneamente il marchese don Francesco sollecitava i lavori di ampliamento dell'antica dimora dei Castromediano e, dunque, portò a termine la costruzione, al piano superiore del fianco sud-est dell'edificio, di un altro completo appartamento abitabile, e l'erezione di una sfarzosa Galleria, un quartiere speciale comprendente un ampio salone di rappresentanza e due stanze attigue, con grandi affreschi alle pareti e alle volte; il salone inoltre fu adornato di sedici statue di figure umane simboliche e di numerosi busti di personaggi della casata. Allora la vasta residenza dei baroni diventò un imponente palazzo marchesale.

Donna Beatrice volle fornire i suoi sudditi di Cavallino di una pubblica fonte di acqua potabile e fece scavare in uno spiazzo aperto a tutti un profondo pozzo, sormontato su quattro colonnine dalla statua in pietra di S. Domenico.

Ella lasciò un attestato di sua benevolenza anche ai vassalli del casale di Morciano e nella chiesa madre del lontano feudo fece erigere a proprie spese l'altare del Santo Rosario con il quadro della Madonna che porge la corona a S. Domenico di Guzman e a S. Caterina da Siena; e a favore di questo altare donna Bice, duchessa di Morciano, con atto notarile del 5 febbraio 1629 assegnò in beneficio un oliveto con l'obbligo da parte del parroco di recitarvi ad alta voce il rosario ogni sabato sera4.

Donna Bice Acquaviva d'Aragona in dieci anni di matrimonio mise al mondo ben nove figli: Aurelia (n. 1628), Domenico Ascanio (n. 1629), Giannantonio (n. 1630), Giambattista (n. 1631), Tommaso (n. 1632), Antonia (n.1633), Porzia (n. 1634), Benedetta (n. 1636) chiamata Beatrice dopo la morte della mamma, Geronimo (n. 1637).

Il 5 agosto 1637, all'età di ventotto anni, la giovanissima moglie di don Francesco cessò di vivere, spossata e consunta dalle ininterrotte gravidanze e dai travagliati parti. Quanto sfarzose e festose erano state, dieci anni prima, le nozze, altrettanto fastose e solenni furono le esequie di donna Beatrice, durate tre giorni e celebrate con grande concorso di popolo nel palazzo, nel casale e nella chiesa matrice.

Ma la salma di donna Bice, dopo le cerimonie, non fu deposta subito nel sepolcro dei Castromediano… Tra il marito don Francesco e il baccelliere reverendo padre G. Palumbo si convenne quasi segretamente di espiantare dal cadavere il cuore della morta, imbalsamarlo, chiuderlo in un'urna e tenerlo conservato nel Convento fin quando non sarebbe stata ultimata e aperta al culto l'erigenda Chiesa conventuale dei SS. Nicolò e Domenico, prediletta dalla defunta fondatrice45.

Galleria
Palazzo Castromediano, una parete della "galleria" (foto P. Garrisi)

Sotto il marchesato di don Francesco il feudo di Cavallino raggiunse la sua completezza costituzionale e organizzativa. Esso era dominio personale del Signor Marchese, il quale era, sì, soggetto e legato al Sovrano spagnolo con i vincoli di vassallaggio, fedeltà e obbedienza, ma nell'ambito della feudale giurisdizione era padrone assoluto, e governava i residenti e amministrava i possedimenti a sua discrezione senza alcun superiore controllo e sindacato; aveva persino potestà di giudicare in prima istanza e fare eseguire i giudicati. Il palazzo era il simbolo della potestà del signor padrone e con la sua tozza e salda mole dominava sul vasto territorio del possedimento feudale.

In ogni circostanza don Francesco espresse testimonianza di fedeltà e di obbedienza alla monarchia spagnola e perciò il re Filippo IV lo ricompensò conferendogli l'Ordine cavalleresco di Calatrava, prestigioso titolo onorifico che permise alla Casa dei Castromediano di entrare finalmente a far parte dell'aristocrazia napoletana e del patriziato leccese.

L'anno 1642 il re di Spagna Filippo IV su ossequiosa richiesta di don Francesco marchese di Cavallino elevò la Baronia di Morciano al rango di Ducato, sicché i legittimi eredi e successori del relativo dominio feudale furono insigniti del titolo di "Duca di Morciano".


1 G.C. INFANTINO, Lecce Sacra, Lecce 1634, pag. 415
2 Fra' G. PALUMBO, Descrizione delle pompe funerali di D. Beatrice Acquaviva d'Aragona, Marchesa di Caballino, Anno 1637
3 PLATEA n. 4, Fondo e dote del Convento dei SS. Nicolò e Domenico in Cavallino, foglio n. 1 (copia del raro documento mi è stata fornita dall'amico archi-tetto leccese Marcello Delli Noci, che cordialmente ringrazio).
4 Atto del Notaro Giuseppe Carrapa, Archivio notarile di Lecce
5 Fra' G. PALUMBO, Descrizione delle pompe funerali di D. Beatrice Acquaviva d'Aragona, Marchesa di Caballino, Anno 1637


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