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Pippi De Dominicis | ||
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Pippi De Dominicis, spronato dal successo incontrato da Li Martiri d'Otràntu, continuò a dedicarsi con serio impegno alla produzione poetica. Il suo successivo piano di lavoro prevedeva, infatti, la composizione di un poemetto di contenuto metafisicamente concettoso, costituito da tre parti:
L'assunto è questo: il libero amore è rovinoso per l'umana società. Infatti, una Santa Vergine, non potendo appagare nel Paradiso la sua naturale passione amorosa, torna sulla Terra, cede alla tentazione e si concede al Demonio. Da essi nasce l'Uomo superiore, l'Anticristo, che dà origine ad una razza umana perfetta. Ma poi, una catastrofe, incoercibile dall'uomo, annienta la superba società umana, la quale, alla fine, viene sottoposta a Giudizio Universale.
Tale programma, però, non fu portato a termine e rimase incompiuto; soltanto la I parte fu ultimata, la II e la III per sempre rimarranno interrotte e incomplete.
L'Amore de na Vergine
sul calare del sole, una giovanetta, pensosa, camminava pizzicando la chitarra. Gli uccelli cinguettavano, il mare mormorava, i fiori odoravano. Il sole, il mare, il fiore, anche l'insetto, insomma tutti gli esseri invocavano pace e benessere, tutti cantavano la loro gioia, e ogni verso della canzone terminava con la parola "amore".
La fanciulla rimase incantata e s'immerse in quell'armonia, lasciò cadere la chitarra e nella mente richiamò le rimembranze della vita giovanile. Fissò le pupille al sole, rimase abbagliata ed estasiata,
E continuò: "Se tutte le creature bramano e invocano l'amore, perché l'anima mia dev'essere diversa? Nel mio cuore c'è un sentimento che non si appaga della sola contemplazione di Dio".
Mentre la giovanetta era immersa in tali considerazioni, le giunse dal mare una voce malinconica che sussurrava:
"Amore! - ripeté la fanciulla - O amore, delirio dell'anima mia, tu m'infondi sublimi dolcezze e indicibili amarezze". In quell'istante sentì più viva la seduzione del mondo e nella mente le balenò un'idea tentatrice: …in terra ci sarà una peccatrice in più e in cielo una santa in meno.
Accasciata e affranta, sentiva il cuore batterle nel petto e si teneva la testa tra le mani. Trascurò pure di recitare le preghiere e di accendere la lampada alla Madonna. O Angeli del cielo, calmate quell'anima sitibonda d'amore.
La giovane, che chiameremo Natima, vieppiù si sentiva attratta sulla terra, là dove era possibile crogiolarsi nel fuoco dell'amore e abbandonarsi alla passione sensuale.
La voce tentatrice così continuò:
Il mattino dopo, a Dio pervenne un messaggio in cui Natima aveva scritto: «Signore, quando dichiarasti "Io sono l'amore" dicesti una bugia. Io nel cuore provo un sentimento che non è il tuo, non è celestiale; io bramo qualcosa che non c'è in paradiso, un qualcosa che è vita, è luce, è ardore, è godimento.
A ponente si scatenò un uragano, tanto furioso che i terrestri furono presi dallo spavento… Proprio allora Natima, la vergine inebriata di passione, tornò sulla terra, mentre Dio le scagliava anatemi: "Dovunque tu passi, i fiori si chiudano, il sole si oscuri, l'acqua si prosciughi, la terra arda sotto i tuoi piedi.
Le furie scatenate della natura inseguirono Natima fintanto che ella, sperduta, tra bagliori di folgori e rombi di tuoni, crollò sfinita a terra e fu invasa da profondissimo sonno.
Ubbidendo al divino comando, quel giorno il sole non si alzò nel cielo e la natura parve parata a lutto. In un tale ambiente sconsolato, nell'intimo di ogni vivente sorge il rammarico di non aver afferrato l'attimo d'amore fuggente, e allora la vita stessa incoraggia e sollecita l'uomo
Mentre Natima, destatasi, si chiedeva per quanto tempo ancora avrebbe dovuto vivere in quello stato e soffrire in quella maniera, dagli abissi giunse una voce blasfema: «Fui io a insegnare agli uomini ad amare, per questo Dio punì me costringendomi all'inferno e maledisse tutti gli amanti tramutando il piacere in peccato».
Come il naufrago, giunto alla riva, appena s'afferra allo scoglio si sente salvo, così Natima si sentì rivivere e si strinse appassionatamente al Diavolo, cuore a cuore, bocca a bocca.
A questo punto le nuvole si aprirono e il sole tornò a splendere e a cantare:
Il mare soggiunse:
I fiori continuarono:
La composizione de L'Antecristu fu abbozzata, iniziata e subito trascurata o perché a Pippi De Dominicis risultò ostico e difficile l'argomento o perché al poeta venne meno l'ispirazione. A questa II parte del ciclo il poeta assegnò i due componimenti che seguono, in cui l'autore dimostrava che l'uomo, anche se divenuto superiore, perfetto, ideale, era destinato a soccombere.
Lu cantu de la vita
Il sole ha assistito all'evolversi dell'esistenza e al progredire della storia; il sole ha visto l'uomo vestito di pelli successivamente costruire la barca e inventare il treno; ha visto l'uomo riuscire a misurare le molecole solari, a catturare l'energia con cui far funzionare la macchina, ad elevarsi alla scoperta dell'universo. E nonostante ciò, l'uomo, dominatore della natura, muore.
L'uomo purtroppo muore, mentre il sole continua a splendere come prima, e a illuminare il mondo così come, il primo giorno della creazione, illuminò Adamo,
A che valse, dunque, o Adamo, il frutto che mangiasti nell'Eden contravvenendo al comando divino? Che eredità lasciasti ai discendenti se la conoscenza del bene e del male non vale ad arrestare la morte? O Padreterno,
Signore, concedici che la morte risparmi almeno i giovani. A noi uomini basta usufruire dei frutti della terra, del cielo, del mare; ci basta che le donne si curino di noi e che la vita sia: amore! Nell'Eden tuttora vegeta l'albero della vita; ma c'è sempre a guardia l'Angelo armato di spada che proibisce all'uomo di avvicinarsi?
Ho deciso! - conclude il poeta - In paradiso andrò proprio io per cogliere i frutti della vita immortale,
Lu cantu de la morte
Io poeta, giunto in paradiso, fui colpito da un tripudio di canti angelici, di profumi celestiali, uno spettacolo emozionante di esistenza spirituale e di beatitudine appagante. I fiori cantavano: « Godiamo questi deliziosi momenti della vita che fugge e saziamoci d'amore». I venti rispondevano: «Mentre la vita fugge, noi vi diamo i nostri baci e voi ci date i vostri profumi». Finanche i vermi cantavano: «Godiamoci la vita finché la morte non ci schiaccerà sotto i piedi».
Mentre il poeta osservava alcuni segni premonitori di morte sulle foglie secche che cadevano e sui petali sfioriti che si staccavano dalle corolle, sorprendentemente si udì una voce;
Il poeta levò gli occhi e la vide, la Morte, imminente.
La Morte continuò: «Vermiciattolo di uomo, che cosa credi? dove pensi di andare? Dovunque scorgi la vita, dietro ci sono io, grande, onnipotente!
Io sono grande, onnipotente, e prima che tu, uomo superbo e orgoglioso, riesca a cogliere il frutto dell'albero della scienza, il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, dovrai combattere con me, se hai coraggio!»
A questo punto la composizione de L'Antecristu rimase interrotta e parziale. Similmente la materia de Lu Giudizziu Universale fu appena abbozzata e lasciata sospesa. Infatti, a questa III parte del ciclo appartengono i soli due brani seguenti.
Lu Giudizziu Universale
L'invito perentorio rimbombando si diffonde per il mondo e l'aria e la terra ne rimangono conturbate.
Gli atomi si fondono tra loro, le cellule si combinano le une con le altre, i brandelli si appiccicano,
Si ricompongono gli organi del corpo umano: il naso si attacca tra i due occhi, ad essi si uniscono la bocca e le orecchie, e così si riforma il primitivo viso.
Le mani si saldano alle braccia e i piedi alle gambe; gli arti si attaccano al tronco, la testa torna sul collo… e l'uomo risorge.
La notte de lu Giudizziu
Fantasmi spaventosi apparivano e scomparivano nell'aria, serpi schifosi si avvoltolavano nella mota, rospi viscidi sprizzavano faville dagli occhi. Tristi, storditi, i morti risuscitati rimanevano muti in attesa,
Il buio profondo e il silenzio diffuso sembravano sospiri di un mondo che stava per spegnersi, le grida erano i lamenti emessi nell'estrema agonia. Tale era la notte de lu Giudizziu.
Il Capitano Black, probabilmente resosi conto che il progetto del ciclo programmato non sarebbe stato mai portato a termine, staccò dalle rispettive parti Lu cantu de la vita, Lu cantu de la morte, Lu Giudizziu Universale, li incluse nella raccolta di altre sue varie poesie e pubblicò il tutto nell'opuscolo che intitolò Spudhiculature, cioè: briciole, pezzetti sparsi, poesie sfuse.
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