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Cavallino archeologica
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Premessa
Il periodo paleolitico Il periodo neolitico


CAPITOLO I: SALENTO PREISTORICO

Paragrafo 1

Il periodo paleolitico



Nel lontanissimo periodo paleolitico, cioè l'età in cui come unico strumento veniva usata la pietra grezza o rozzamente manipolata (per avere un'idea approssimativa e orientativa diciamo 250.000 e più anni fa!) il Tallone d'Italia, l'attuale Penisola Salentina, era già abitato dall'Homo antiquus, cioè da un ceppo razziale di uomini primitivi cosiddetti neanderthaliani; ne sono prova i denti infantili di tali individui rinvenuti nella Grotta del Cavallo e nella Grotta del Bambino presso Leuca.

I neanderthaliani, del ceppo indoeuropeo, erano sparsi in tutta Italia, in tutta Europa, e avevano caratteri somatici notevolmente diversi da quelli del successivo Homo sapiens, ossia dell'uomo dal quale discendiamo noi uomini attuali; del neanderthaliano le orbite degli occhi erano cavernose e le arcate sopracciliari avevano il bordo ispessito, la fronte era stretta sfuggente e schiacciata, le nari larghe e il naso appiattito, la mascella prominente e il mento appena accennato; la statura era piuttosto bassa, non si sono rinvenuti scheletri più alti di cm. 160; collo corto, torace tarchiato, gambe arcuate e tozze, andatura curva in avanti, quasi scimmiesca.

Questi individui vivevano in condizioni selvagge: maschio e femmina e figli formavano un nucleo primitivo, più nuclei uniti costituivano un clan o gente di consanguinei; erano nomadi e conducevano una vita errante dietro gli animali selvatici, delle cui carni si nutrivano; andavano nudi e d'inverno, per difendersi dal gelo, si coprivano con pelli di animali uccisi e scuoiati.

Abitavano in grotte naturali o in ripari sotto roccia o in tane artificiali scavate nel terreno: tutti rifugi provvisori e momentanei, che gli individui occupavano e abbandonavano secondo le esigenze della loro vita errabonda.

La scoperta del fuoco costituì per quella umanità primitiva un importante progresso; il fuoco aiutò gli uomini a difendersi dal freddo glaciale, a illuminare le caverne, a tenere lontane le fiere e soprattutto a cuocere le vivande.



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Strumenti dell'uomo primitivo - Armi contundenti: 1 bastone, 2 clava, 3 sasso per rendere più efficace il colpo dato con il pugno, 4- 5 - 6 - 7 - 8 - 9 selci scheggiate per scarnificare, scortecciare, scorticare, sgrattare, tagliare.

La loro esistenza in un ambiente tanto ostile era assai dura e molto difficile, dominata da un'unica primaria esigenza: la ricerca del cibo; insomma per sopravvivere erano costretti a lottare contro le intemperie, contro gli animali selvatici, contro i propri simili con i quali si contendevano il cibo.

A tale scopo usavano strumenti offensivi quali bastoni nodosi, clavi robuste, sassi contundenti, rozze armi di selce scheggiata.

Con il trascorrere dei millenni (e via via siamo arrivati alla fine dell'età paleolitica, sino a circa 50.000 anni fa!) l'uomo neanderthaliano ha migliorato le proprie capacità e abilità manuali (ma quanto lungo e lento è stato il progresso!).

La fabbricazione degli utensili di selce, una pietra durissima, è ora caratterizzata dalla introduzione di una nuova tecnica per staccare le facce laterali del sasso, in modo da ottenere schegge di forma voluta e ben definita: lame lunghe e strette, amigdali a forma triangolare o lanceolata, perforatori primitivi, raschiatoi di determinata forma, che servivano per raschiare le pelli fresche degli animali uccisi e per staccare la carne cruda dalle ossa degli animali scuoiati.

Questi antichissimi uomini nomadi utilizzavano una economia semplicemente acquisitiva, di semplice raccolta cioè, nel senso che praticavano la caccia ed esercitavano la ricerca di molluschi, di uova di uccelli, erbe commestibili, tuberi eduli, frutti, miele, insomma tutto quanto la natura spontaneamente produceva.


Cranio dell'uomo neanderthaliano e dell'uomo cromagnonoide.

Ad un certo punto, verso la fine di questa era, circa 40.000 anni fa, in Europa si affermò una cultura più evoluta, prodotta dall'Homo sapiens sapiens; così si suole chiamare il nuovo tipo di esseri umani, con caratteri somatici simili ai nostri, uomini dotati di una maggiore massa cerebrale, i quali presentavano una notevole evoluzione psichica e intellettiva rispetto agli individui del gruppo neanderthaliano; sicché questa epoca è stata giustamente considerata come l'alba della umanità attuale.

Dunque, in Italia, quindi pure nel Salento, si affermò l'Uomo sapiente del gruppo etnico detto di Crô-Magnon, della località francese dove per la prima volta furono trovati resti scheletrici di tale progenie, tipo di uomini i quali sono da considerare come nostri progenitori, nostri lontanissimi antenati.

L'esistenza anche nel Salento di questi uomini di tipo cromagnonoide è testimoniata da due esemplari (reperti assai importanti) rinvenuti in una sepoltura trovata nella cosiddetta Grotta delle Veneri a Parabita, in provincia di Lecce.

Questi progenitori posseggono una tecnica manuale più abile e una capacità intellettiva più evoluta per organizzare la loro esistenza e per superare gli ostacoli dell'ambiente difficile in cui vivono.



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Strumenti litici: 1 raschiatoio, 2 - 3 puntali a lama, 4 amigdala, arma a forma di mandorla, 5 punte per frecce, 6 ascia a mano, strumenti ossei, 7 - 8 puntali a zagaglia, 9 arpone.

Essi sviluppano un preciso concetto della famiglia come nucleo sociale stabile; abitano in capanne di tronchi d'albero e qui riposano dalla fatica quotidiana, qui cuocciono le vivande, qui si fabbricano le armi di selce e preparano gli strumenti necessari lavorando il legno, le ossa spolpate, i corni e i denti aguzzi degli animali uccisi; ma soprattutto lavorano la selce con maggiore maestria.



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Armi offensive. 1 zagaglia, punta di selce fissata a un frammento di ramo scortecciato, 2 lancia con punta di selce o di osso all'estremità superiore di un lungo fusto, 3 fionda, construita da due tratti di corda con nel mezzo una sede per il sasso da lanciare, 4 trappola, dispositivo per la cattura, per schiacciamento

Ciottoli dipinti a scopo decorativo.

I loro strumenti litici più importanti sono: bulini atti ad incidere e a perforare, raschiatoi e scarnitoi di forma ben determinata e voluta, lame con incavo e lame con dorso, tipiche punte di zagaglia; inoltre costruiscono pugnali, spatole, ami e arponi per la pesca, grosse asce per scavare il suolo.

Gli uomini di giorno danno la caccia agli animali, le donne raccolgono le erbe e i tuberi e i frutti maturi, mentre le anziane rimangono presso l'umile abitazione per accudire ai bambini, per conciare pelli, per attorcigliare rafie e intrecciare vimini, per svuotare ed essiccare le scorze di zucca e farne recipienti di uso domestico, per lavorare l'osso, il corno e il legno, le materie meno dure.

Le giovani confezionano gli ornamenti personali, costituiti di conchiglie e di denti forati infilati a collana e a bracciale, e preparano dalla frutta dolci succhi e bevande fermentate.

Verso la fine del periodo paleolitico in Europa si verificò un sensibile raffreddamento del clima; anche in Italia giunsero gli animali nordici della fauna fredda e persino in Puglia calarono il pinguino, il mammut, il rinoceronte, il lupo e un asinide della steppa.

I cromagnonidi cacciatori, pertanto, ebbero a propria disposizione più varia selvaggina e cibo più abbondante, che si procuravano con armi offensive più efficaci, quali zagaglie, lance e fionde, con fosse trabocchetti e con trappole di vario genere.

Non molto dopo compaiono le prime manifestazioni artistiche consistenti in ciottoli e ossi decorati con incisioni a motivi geometrici (parecchi sono stati trovati nella nota Grotta delle Veneri a Parabita - Lecce), in graffiti e pitture di figure e di armi sulle pareti lisce delle grotte, e sculture a tutto tondo in legno, osso, avorio, pietra.

Per quanto si riferisce particolarmente alla scultura, l'opera riguarda per ora un solo soggetto: la donna; le statuette, (denominate genericamente 'Veneri'), di forma affusolata, presentano la figura umana femminile, simbolo di fecondità, dotata di esagerati organi della riproduzione (bacino, ventre, mammelle), mentre la testa, priva dei tratti della faccia, finisce a punta e le gambe sono prive di piedi.



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Le cosiddette "Veneri" di Parabita (Lecce), statuette lavorate in osso.

Nella Grotta delle Veneri a Parabita furono rinvenute due piccole sculture a tutto tondo in osso; sono statuine raffiguranti due donne incinte (una con le mammelle esageratamente sviluppate e cascanti), con le braccia aderenti al corpo e le mani riunite sotto il ventre pregno.


Arte preistorica - Bovide inciso su una parete della grotta Romanelli presso Castro (Lecce).

Verso la fine del periodo, siamo arrivati a circa 12.000 anni addietro, principalmente nel Basso Salento ebbe origine una cultura indigena originale e caratteristica, tanto che è conosciuta con il nome di romanelliana, dal nome della Grotta Romanelli presso Castro.

Si è scoperto che la grotta fu abitata da uomini evoluti; difatti, negli strati bassi delle sedimentazioni sono stati trovati grattatoi erti e circolari, lame con troncature, punte semplici e doppie, microbulini, triangoli, semilune, strumenti costruiti con tecnica progredita.

Ancora, nella grotta troviamo inciso su una superficie rocciosa e levigata la figura di un bovide, esempio primitivo di arte parietale.




Arte parietaria - Borto Badisco presso Otranto (Lecce), Grotta dei Cervi, figure geometriche e stilizzate di uomini, animali, armi, attrezzi e oggetti simbolici.

E le genti romanelliane non solo usano decorare le pareti calcaree lisce delle grotte, ma sanno lavorare pure gli oggetti di osso e di pietra con raffigurazioni naturalistiche, seminaturalistiche e geometriche (altri esempi ci vengono dai reperti della Grotta delle Veneri di Parabita e della Grotta dei Cervi di Porto Badisco).

La cultura romanelliana ebbe una vasta diffusione, essendosi trovate tracce del suo espandersi in Calabria, in Campania, nel Lazio e nelle lontane Umbria, Toscana e Liguria.

Non è da escludere che i Romanelliani abbiano appreso a spostarsi con zattere sull'acqua lungo le coste, pur non praticando ancora, come mestiere, la pesca.

A quest'epoca (siamo a 11.000 anni addietro) risalgono gli interessanti reperti trovati a Porto Badisco, nelle vicinanze di Otranto. In una caverna, poi detta Grotta dei Cervi, sulle pareti lisce calcaree dei tre corridoi è stato rinvenuto un ricco complesso di pitture, suddivise in una sessantina di gruppi; tra questi uno raffigura la caccia al cervo fatta con gli archi; le persone, gli animali, gli oggetti si evolvono da figure naturalistiche a forme stilizzate sino a segni geometrici (croci, rombi, spirali), e sono stati dipinti usando come coloranti l'ocra e una tinta ricavata dallo sterco dei pipistrelli; inoltre nella grotta sono state notate rituali deposizioni di vasi entro marmitte naturali situate nel suolo.

Verso la fine della terza glaciazione (10.000 anni fa) il clima tornò nuovamente a modificarsi, passando da una temperatura rigida a una temperatura più calda, la quale determinò l'allontanamento verso il nord della fauna fredda.






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Utensili da lavoro. 1 raschetto, 2 puntale, 3 - 4 bulini, lame di selce con punta sagomata atta a incidere e a scalpellare.

Fu allora che i mammut, i pinguini, gli orsi bianchi, le renne, i cervi si ritirarono sempre più a settentrione, e gli stambecchi e i caprioli delle zone pianeggianti si trasferirono man mano sempre più in alto sui monti.

E i cacciatori dei grossi mammiferi si ridussero in crisi, tanto che i loro figli, specialmente quelli che abitavano lungo le coste mediterranee, si limitarono alla piccola caccia (volpi, lepri, conigli) e impararono a praticare la raccolta dei molluschi marini (quelli abbarbicati alla scogliera) e delle lumache terrestri, e a selezionare i vegetali, radici, erbe spontanee, bacche e baccelli; operazioni queste due ultime che finirono per diventare la fonte principale della loro alimentazione.


Prime occupazioni umane: caccia e raccolta di cibi.



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