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I Castromediano

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I Normanni nel meridione d'Italia
e la Contea di Lecce
Kiliano de Limburg, capitano di ventura



ANTEFATTI STORICI

La venuta dei Normanni nel meridione d'Italia e la Contea di Lecce

Nel secolo XI l’Italia dalle Alpi alla Sicilia era terra di nessuno e perciò terra di conquista; in particolare l’Italia meridionale, immersa nell’anarchia, era occupata a zone discontinue da diversi principi locali, longobardi, bizantini, saraceni, tutti sovrani forestieri sempre antagonisti, spesso in guerra tra loro. Verso la metà del secolo dalla lontana Normandia francese calarono nell’Italia peninsulare folte schiere di guerrieri normanni, guidati da valenti capitani, che senza troppe difficoltà s’impadronirono dell’intero Meridione.

L’anno 1059 il condottiero normanno Roberto d’Altavilla, soprannominato il Guiscardo (l’Ardito), tolse i territori della Calabria e della Puglia ai tanti signorotti longobardi e saraceni e si proclamò Dux Apuliae et Calabriae. Negli anni successivi egli s’impadronì pure delle città costiere di Bari, Gallipoli, Taranto, Brindisi e Otranto, scacciandone i Bizantini.

Durante gli stessi anni, suo fratello minore Ruggero I d’Altavilla combatteva vittoriosamente contro i Saraceni che occupavano la Sicilia. Finalmente l’anno 1072, con la caduta di Palermo, l’intera isola fu sottratta al dominio dei musulmani, fu organizzata a feudo normanno e governata come possedimento personale dal conte Ruggero I e poi dai suoi successori.

Intorno al 1080 l’importante città di Lecce, tolta ai Bizantini, fu elevata al rango di Contea e assegnata in feudo al normanno Goffredo d’Altavilla, che fu il 1o conte di Lecce.

L’anno 1088 il pagus Caballini e la finitima terra Tafaniani cioè il borgo di Cavallino e la confinante contrada di Tafagnano furono annessi alla Contea di Lecce come parti integranti del contado, sicché da quel momento i villani cavallinesi, contadini, pastori, servi, per qualche secolo vissero le medesime vicende storiche, subirono le identiche sorti politiche dei cittadini leccesi.

Il 1085, prima di morire Roberto il Guiscardo lasciò il Ducato di Puglia e di Calabria al figlio prediletto Ruggero e assegnò il Principato di Taranto all’altro figlio Boemondo. Costui, l’anno 1096, partì per la Crociata in Terra Santa promossa dal papa Urbano II, e a lui si unirono il nipote Tancredi ed altri baldi cavalieri salentini. Di fatto il Principe di Taranto Boemondo d’Altavilla "…visti li capitani Leccesi et Rudiani quantu erano forti li volle alla Cruciata et nci mise la croce rossa in petto et la collana al collo et ne dese suppellettili et guarnizioni de oro et di argento et li fice cavalieri cu scudo et scudieri, pedoni a nanzi et servi de arme. Et fora Ugo Santippolito, Roggiero Guarino, Manfredo di Gargo, Riccardo di Santo Blasio, Oliviero di Monterone. Et li Rudiani Iaco de Argenteriis, Ridolfo Lelli mio zio, Ruggieri Vottura, Ghoti delli Gothi, Roberto di Namo."

(Questo lasciò scritto I. A. LELLI nella sua opera intitolata Delle origini, edificii e grandezze della città di Rugge o Rudia e sua distruzione. E noi aggiungiamo che questi nostri Boemondo e Tancredi sono proprio i due eroi da T. TASSO esaltati nella sua Gerusalemme liberata).

Estintosi il ramo dinastico dei duchi Altavilla di Puglia e Calabria, Ruggero II d’Altavilla Rex Siciliae ereditò tutti i domini normanni del meridione d’Italia, quindi costituì uno Stato unitario e nel 1130 dall’antipapa Anacleto II si fece dare il titolo di Rex Siciliae et Apuliae; poi nel 1139 tale titolo gli fu riconosciuto anche dal papa di Roma Innocenzo II.

Nella Contea di Lecce, dopo il conte Goffredo I d’Altavilla morto il 1092 si susseguirono da padre in figlio altri cinque successori normanni ormai naturalizzati leccesi, i conti Goffredo II (dal 1092 al 1118), Accardo (dal 1118 al 1137), Goffredo III (dal 1137 al 1157), Roberto (dal 1157 al 1181) e, ultimo della casata, il nipote Tancredi.

Intanto la contea si era molto ingrandita, difatti ciascun conte aveva annesso sotto la personale giurisdizione feudale altri territori salentini comprendenti grossi centri abitati come Ostuni, Oria, Campi, Maglie, Otranto, Nardò; molti casali tra cui Torchiarolo, Squinzano, Novoli, Trepuzzi, Arnesano, Carmiano, Monteroni, Surbo, San Pietro in Lama, Lequile, San Cesario, San Donato, Cavallino, Lizzanello, Vernole, Melendugno, Roca; molti villaggi come, per indicare solo quelli vicini al capoluogo, Merine, Caprarica, Galugnano, Castrì, Pisignano, Acquarica, Strudà, Vanze, Acaia, Cerceto, Serrano, Stigliano; e inoltre fertili tenute agricole quali Aurìo, Vermigliano, Tafagnano, Ussano, Padulicchia, Tramacere, ed altri terreni selvosi, acquitrinosi, incoltivabili.

Questo vastissimo dominio personale dei conti d’Altavilla di Lecce cominciò a comprendere nel suo interno numerose infeudazioni minori, per cui il territorio della contea man mano si andava suddividendo in subfeudi dagli illustrissimi Conti concessi in beneficio ad amici baroni, a fedeli cavalieri, a fidati consiglieri, che nella gerarchia feudale diventavano valvassori del Signor Conte, il quale a sua volta era vassallo di Sua Maestà il Re.

Allora, tra i subfeudatari della contea primeggiavano i Maremonti baroni di Campie, Cursi, Minervino e Poggiardo, i Chiaramonte baroni di Sternatia e Zollino, i Guarino baroni di Castrì, Sorano e Acquarica, i Lubello di Maglie e Sanarica, i Monefuscolo di Aradeo e Bagnolo, e inoltre i Maresgallo baroni di Lequile, i Capece baroni di Barbarano, i Falconi di Galatone e Fulcignano.

Ebbene, i Signori normanni sottrassero il Salento alla predominante influenza dell’Impero orientale di Bisanzio e lo restituirono alla civiltà occidentale europea. L’area della cultura bizantina rimase circoscritta unicamente in quella che ora viene indicata come Grecìa salentina.

I baroni, oltre alla dimora signorile nel proprio feudo, si fecero costruire magnifici palazzi nella città capoluogo, e qui risiedevano, vicino al Signor Conte, e costituivano la Corte d’onore, mentre le loro consorti, le Signore Baronesse, andavano orgogliose di fare le dame di compagnia della Signora Contessa, e le loro figliole di essere le damigelle amiche delle Contessine.

Sotto i conti d’Altavilla si ebbe la rinascita della città di Lupiae e Lupia, poi Luppia e Lippia, poi Lippium, Licium, Licia, Licce, Lezze, infine Lecce, e lo sviluppo si verificò non soltanto nell’edilizia civile e in quella religiosa, ma anche nella cultura, nelle attività sociali e nelle produttività economiche, tanto che Lecce divenne per importanza la terza città del Regno, dopo Palermo e Napoli.




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