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I CASTROMEDIANO
Domenico Ascanio (1629-1697), 2o marchese di Cavallino e 1o duca di Morciano
L'anno 1652 Domenico Ascanio sposò Maria Isabella Caracciolo, di nobile famiglia napoletana, dalla quale ebbe i figli Oronzo Francesco che nel 1694 premorì al padre, Beatrice che andrà sposa a Vincenzo Caracciolo, Fortunato Giusto il successore, Alessandra sarà badessa domenicana in Lecce, Giusto Silvestro per pochi mesi titolare della casata, e Kiliano che diventerà Cavaliere gerosolimitano.
Mentre don Francesco partecipava attivamente alla vita pubblica, il figlio primogenito Domenico Ascanio conduceva gli affari dei possedimenti di Cavallino e si preparava alla successione, e l'altro figlio Giambattista curava gli interessi della terra di Morciano, qui dimorando nel palazzo di famiglia; ed entrambi negli affari civici e nelle faccende agricole (tipi e modi di coltivazione dei campi, raccolta e suddivisione dei prodotti della terra) si giovavano dell'aiuto di fidati castaldi e di esperti fattori. Un atto parrocchiale attesta un fatto sorprendente ma allora consentito: A dì 6 di gennaio 1656 è stato battizzato Usai Halì figlio di Salnid schiavo dell'Ill.mo Fra don Giovanni Battista de Castromediano d'Aragona Cavaliere di Malta, qual schiavo fù catechizzato dal dr. don Angelo Fusco con licenza.1
Alla morte del padre don Francesco, avvenuta l'anno 1663, don Domenico Ascanio fu titolare dei possedimenti feudali della casata. Egli presto venne a trovarsi in gravi difficoltà economiche e finanziarie, per mancanza di denari necessari e per saldare i costi delle avventure guerresche paterne e per fronteggiare le spese già impegnate nelle strutture edilizie tuttora in corso a Cavallino e a Morciano.
Il progetto di completamento dell'edificio feudale di Cavallino prevedeva la sopraelevazione anche del lato nord-est, prospiciente l'abitato del casale. Ma don Domenico Ascanio non ce la fece a realizzare il disegno per intero e si limitò a erigere un frontone con facciata nell'atrio del palazzo, al centro del quale in una grande nicchia fu collocata la grande statua di pietra del condottiero germanico (e per ciò detto il Gigante) KILIANUS DE LIMBURGO P.s DE CASTROMEDIANO capostipite dei Castromediano, più in alto furono sistemati il busto di don Francesco PRIMUS MARCHIO CABALLINI (1o marchese di Cavallino) e il busto dello stesso don Domenico Ascanio DUX MORCIANI - MARCHIO CABALLINI (duca di Morciano - Marchese di Cavallino).
CAVALLINO - Palazzo Castromediano, atrio (sec. XVII) sullo sfondo, al centro, statua di Kiliano di Limburg, il capostipite, a sinistra, busto di don Francesco, a destra, busto di don Domenico Ascanio (foto P. Garrisi) |
Egli collocò in piazza, accostato all'ala destra del palazzo, un monumentino sul cui piedistallo fu posta la statua di Filippo IV a cavallo, il re spagnolo che gli aveva concesso il titolo di duca di Morciano.
Inoltre, nella nuova chiesa matrice che i Cavallinesi con i loro stentati contributi stavano edificando, don Domenico Ascanio fece erigere a proprie spese un cappellone, in cui volle sistemati due altari e il magnifico cenotafio della famiglia, di stile barocco, ornato con i busti di DON GIO:, DONNA LELLA e DON ASCANIO, DON GIO: ANTONIO, DONNA BEATRICE e DON FRANCESCO. Una lastra marmorea attesta che: I Castromediano de Limburg - Duchi di Morciano e Marchesi di Caballino - Riserbandosene l'iuspatronato - Nel secolo XVII rifecero questa cappella…
Non riuscendo a superare le difficoltà economiche e finanziarie della famiglia, ma desiderando portare a termine i progettati piani edili, don Domenico Ascanio alienò molte proprietà di famiglia libere da vincoli feudali, insieme con altri beni allodiali sparsi in contrade lontane.
Inoltre fu costretto a imporre ai sudditi tasse ancor più pesanti e a sottoporre a dazio altre merci, quali: la cera e il miele delle api, il cotone e la lana grezzi, le terraglie e i canestri; addirittura pretese il pagamento di un pistacchio "pe omne sacco de foglie selvagie che fossero portate in collo per vendérese o da femina o da masculo" e aggiunse persino un'imposta straordinaria, il "diritto de le femine" che consisteva nel pagamento di tarì 5 se un vassallo cavallinese prendeva in moglie una donna forestiera, di carlini 10 se un forestiero si portava via in moglie una ragazza di Cavallino.
Ancora, don Domenico Ascanio, avuta la possibilità di leggere e consultare i tanti atti notarili conservati nell'archivio di famiglia, rilevò con apprensione che già suo bisnonno Sigismondo, nel 1583, per necessità stava per privarsi del feudo di Cavallino, che non andò alienato soltanto per altrui insipienza.
Chiesa parrocchiale, cenotafio della famiglia dei Castromediano (foto P. Garrisi) |
Annotò pure che suo nonno Ascanio con molta liberalità nel 1621 aveva assegnato alla cappella di S. Nicolò di Cavallino una vigna con palmento e pila, un fondo oliveto in tenuta S. Lucia e un altro fondo oliveto in contrada Ussano, e due campi seminativi2.
Anche suo padre Francesco con troppa generosità aveva dato in beneficio al Convento di S. Domenico un giardino con pozzo, un oliveto in tenuta S. Lucia, una vigna, due campi seminabili, …e questo basta per adesso, intendendo Don Francesco continuare e proseguire la costruzione del convento e successivamente donare "tante altre intrate".3
Sua madre Beatrice al Convento aveva assegnato un fondo con oltre 250 alberi di olivo e altri terreni seminativi e inoltre un censo di 500 ducati annui; e pure sua zia Isabella aveva concesso un censo di 500 ducati, e pure la nonna Aurelia, non volendo essere da meno, aveva assegnato ai Padri Domenicani di Cavallino un fondo con cento alberi di olivo.
Allora don Domenico Ascanio prese la decisione di mutare l'istituto familiare del premierato e adottò l'istituto del maggiorasco, secondo cui il patrimonio intero della casata, insieme con il titolo nobiliare, passava di diritto in eredità al maggiore dei figli, escludendone gli altri, ciò per evitare il frazionamento dei beni e il decadimento della famiglia. Tuttavia questo provvedimento non preservò il destino della Casa Castromediano di Cavallino; infatti da allora la fortuna e il patrimonio della casata feudale cominciò a declinare naturalmente senza più arrestarsi: dapprima per le frequenti carestie e conseguenti crisi che colpivano l'economia agricola (e il patrimonio dei Castromediano era costituito esclusivamente di latifondi), poi per la mancanza di valide iniziative adeguate ad una progredita agronomia. I Castromediano feudatari rimarranno per sempre gli ereditieri appagati e faranno soltanto i grossi proprietari terrieri abitudinari, i gretti latifondisti estranei ad una società in evoluzione di imprenditori, commercianti, professionisti.
Palazzo Castromediano, scorcio della sala d'armi (foto P. Garrisi) |
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