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Sigismondo Castromediano | ||
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L'Italia unificata
In realtà, gli avvenimenti precipitarono… Il 20 aprile, Re Vittorio Emanuele II di Savoia e l'alleato Napoleone III Imperatore dei Francesi affrontarono la guerra contro l'Austria; risultati vincitori, l'11 luglio il Piemonte si annesse la Lombardia, mentre la Francia, secondo preventivi accordi, riebbe in compenso la città di Nizza e la regione transalpina della Savoia.
Intanto, Re Ferdinando II, sulla via del ritorno a Napoli, il 22 maggio 1859 morì a Caserta, e gli successe il figlio Francesco II di Borbone, il quale si decise a concedere una buona volta lo Statuto Costituzionale.
Troppo tardi, ormai, per conquistarsi la gratitudine dei sudditi napoletani. Già, troppo tardi, perché il 25 maggio del 1860 Giuseppe Garibaldi con le sue Camicie Rosse sbarcò a Marsala e occupò la Sicilia; in agosto risalì per la Calabria, attraversò la Basilicata e la Puglia e giunse in Campania; in poco più di tre mesi si impadronì del Regno delle Due Sicilie, e il 7 settembre 1860 entrò vittorioso a Napoli, mentre Francesco II si chiuse con poche truppe a Gaeta, deciso a resistere.
Contemporaneamente scesero nell'Italia centrale le truppe piemontesi e occuparono l'Umbria, le Marche e lo Stato pontificio; da qui mosse in persona Vittorio Emanuele II re di Sardegna e completò l'occupazione della Campania, a Teano ottenne la resa consensuale dell'eroe Giuseppe Garibaldi e il 7 novembre fu a Napoli.
Sigismondo Castromediano, con autografo (foto di P. Barbieri, 1881) |
In tutti gli Stati italiani liberati si tennero i plebisciti e a grande maggioranza fu votata l'unione alla Monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II di Savoia. Si erano così realizzate le speranze di tutti i patrioti italiani. Era nata, dunque, l'Italia unita e indipendente!
Sigismondo Castromediano, trovandosi a Torino, più da presso e con immediatezza aveva potuto seguire trepidante gli straordinari eventi, e alla fine, a risultati complessivi favorevoli realizzati, si sentì appagato e risarcito dei sacrifici, dei mali, dei danni subiti negli undici anni di prigionia nelle inumane carceri e galere politiche borboniche.
Specificamente, per curiosità, i cittadini di Cavallino, compaesani del duca patriota, come si erano comportati nei vari ultimi eventi?
Anzitutto si tenga conto che i contadini napoletani e salentini, in generale, di recente erano rimasti delusi e contrariati per la riforma agraria promessa da Garibaldi e non attuata.
In particolare, similmente traditi nelle loro aspettative si ritenevano i villani cavallinesi. Inoltre, poiché si era saputo che questi propendevano per il ritorno del re Francesco II di Borbone, re Frangischellu nèsciu, alcuni soldati garibaldini, trovatisi a Cavallino, presero a insolentire contro i paesani presenti in piazza.
Questi e parecchi altri reagirono duramente e i provocatori se ne scapparono a Lecce. Verso sera, però, una squadra di Camicie rosse e un plotone di Guardie nazionali tornarono a Cavallino e reagirono minacciando e percuotendo; e in questa circostanza abbatterono il piccolo monumento con la statua equestre di Filippo IV re di Spagna, che i nobiluomini de' Castromediano avevano eretto in piazza a ricordo del sovrano che li aveva elevati da baroni a marchesi e poi a duchi feudatari.
Tali episodi dispiacquero assai al patriota cavallinese Sigismondo Castromediano, il quale in riferimento ebbe a dire: «… E fu inescusabile barbarie l'atterrarlo, poiché i monumenti son proprietà della storia, e non si cancellano dalla storia le onte, i dolori, né le glorie dei popoli col distruggerli»1.
Comunque, in occasione del plebiscito istituzionale del 21 ottobre 1860, "Che cosa fare? Come votare?" - si chiedevano i Cavallinesi compatrioti del duca Sigismondo (al momento, lontano a Torino) - Il Re di Napoli Francesco II, fuggitivo, stava chiuso nella fortezza di Gaeta intenzionato a resistere; Giuseppe Garibaldi era a Napoli, Dittatore provvisorio indeciso se proclamare la Repubblica o se consegnare il Regno delle Due Sicilie al Re di Sardegna; insomma, "Che cosa votare?"
Alla fine quei rozzi campagnoli analfabeti, ignoranti, apatici verso i recenti rivolgimenti politici, seppure per pochi voti si espressero a sfavore dell'annessione al Piemonte. «Trascinati da subdole arti retrive i contadini caballinesi si dichiararono avversi all'annessione d'Italia e dell'adottare per loro Re Vittorio Emanuele II»2.
Il patriota, tuttavia, attribuì tale inclinazione politica alla incompetenza delle basse classi sociali riguardo alla questione istituzionale nazionale e ascrisse tale loro comportamento a motivi contingenti e a interessi personali piuttosto che all'abituale ossequio ai monarchi Borboni.
Il 27 gennaio del 1861 si tennero le prime elezioni politiche nazionali per il Parlamento non più Piemontese ma Italiano; il duca Sigismondo Castromediano, invitato, accettò di presentarsi candidato nel collegio di Campi Salentino e risultò eletto deputato nazionale. Il 18 febbraio, a Torino si riunì il 1° Parlamento Italiano e Vittorio Emanuele II assunse il titolo di Re d'Italia.
Sigismondo Castromediano (schizzo di C. Orsi, 1888) |
Sigismondo dal 1861 al 1865, risiedendo stabilmente nella capitale, svolse il suo mandato parlamentare con impegno e responsabilità, partecipando costantemente alle riunioni dell'Assemblea, schierandosi sempre d'accordo con la politica del Capo del governo Conte di Cavour, sempre mirando al bene della nuova Italia. Fu membro anche della Commissione nazionale per le Opere Pubbliche e sollecitò l'integrazione del tratto ferroviario Taranto-Brindisi, e inoltre sostenne la necessità di costruire a spese dello Stato il tronco della ferrovia Lecce-Gallipoli.
A norma del Regio Decreto del 14 settembre 1864, ai "Danneggiati per cause politiche nelle Provincie Napoletane" dal Ministro dell'Interno fu concesso un assegno annuo di Lire 2400. Ebbene, il deputato duca Sigismondo Castromediano, vittima riconosciuta dei Borboni, rinunziò a tale particolare rendita non volendo gravare in alcun modo sull'erario del nuovo Stato.
Risiedendo nella capitale Torino, il deputato Sigismondo Castromediano prese a frequentare il salotto della famiglia Savio di Bernstiel. Ben presto la baronessina Adele Savio, giovanetta ventenne, fu toccata da spontanei impulsi di ammirazione e di stima per il cinquantenne duca Sigismondo martire della libertà e patriota della neonata Italia; poi quel primo trasporto di viva simpatia divenne vicendevole tra i due, per mutarsi subito dopo in reciproco profondo affetto.
Una volta don Sigismondo volentieri meditò… d'invitare l'amabile donna Adele allo sposalizio. Egli però, accertatosi (tramite il fedele amico curatore don Pasquale De Matteis) che il suo patrimonio era diventato veramente esiguo e che il reddito personale non era sufficiente alle necessità decorose di una famiglia, soffocò il desiderio e rinunziò all'idea del matrimonio.
Comunque i rapporti affettivi tra i due innamorati rimarranno in ogni tempo e in ogni circostanza sentimentali e patetici, e dureranno per tutti gli anni a venire, anche se entrambi vivranno separati e lontani, lei a Torino e lui a Cavallino di Lecce.
Nondimeno la baronessa Adele Savio rimase sempre l'amica romantica, la sorella spirituale dell'amico fraterno duca Sigismondo Castromediano.
Durante il quinquennio di permanenza a Torino, il duca Sigismondo fu pure impegnato a riempire pagine e pagine di sue esperienze, di sue impressioni, di suoi ricordi degli undici anni di sofferta detenzione nelle carceri. Sin dal 1850, allorché fu colpito dalla ingiusta e cruda condanna, si era proposto che avrebbe annotato e raccontato le rimembranze e i fatti della prigionia, imitando Silvio Pellico autore de Le mie prigioni (1832). E in più occasioni ai compagni di pena aveva promesso che, se avesse un giorno riacquistata la libertà, avrebbe scritto e pubblicato un libro di ricordi e di testimonianze sui loro patimenti nelle spietate galere napoletane.
Questo desiderio gli rimase sempre vivo, quasi un voto, tanto che, tornato libero, a Londra nell'aprile del 1859 manifestò pure a W. Gladstone l'intendimento di scrivere le sue Memorie; e lo statista inglese in una lettera dell'8 giugno tornò ad esortarlo a narrare le nefandezze e a descrivere i casi orribili patiti e veduti nelle prigioni borboniche. Il suo desiderio fu soddisfatto, l'impegno preso con i compagni di prigionia fu mantenuto, anche dietro i cordiali incitamenti della gentile Adele Savio; tuttavia il lavoro letterario, intitolato Memorie, sebbene ultimato, per vari motivi non fu dato alla stampa tipografica.
Terminata la prima legislatura, il 22 ottobre 1865 si tennero le elezioni politiche per il rinnovo del 2° Parlamento nazionale di Torino; il duca Castromediano si ripresentò candidato ancora nel Collegio di Campi e agli elettori distribuì il suo progetto politico e indirizzò il personale appello:
Nella precedente legislatura… «A fare l'Italia, io non mi discostai un sol momento dal pensiero, dalla parola, dal consiglio, dall'amicizia personale e politica del Conte Camillo di Cavour…
Mi si affibbia l'appunto di conservatore, adesso che a certuni piace chiamarsi moderati progressisti.
Ebbene! Io sono e mi chiamo conservatore.
Sono conservatore, ma del Plebiscito e dello Statuto.
Elettori, il mio programma è brevissimo:
IO MI REPUTO ONESTO, SE A VOI PAIA IL MEDESIMO,
LA MIA ONESTA' NON SARA' MAI PER MANCARE».
Ma questa semplice promessa non fu sufficiente a fargli vincere lo scrutinio, infatti il duca Castromediano, dai concorrenti indicato come uomo nobilesco aristocratico e criticato come politico cavouriano ministeriale, non fu rieletto nel suo collegio elettorale, essendo stato superato dall'amico gallipolino Bonaventura Mazzarella.
Proprio per la sua saldezza morale, il duca Sigismondo non si sentì ferito dalla sconfitta e, dopo ben diciassette anni dal giorno dell'arresto (30 ottobre 1848), serenamente rassegnato fece ritorno nel suo villaggio di Cavallino, dove visse, sempre, in dignitosa povertà, ospitato dal nipote Edoardo Casetti nel vecchio palazzo nobiliare, nel medesimo alloggio dove 54 anni prima era nato.
E nella solitudine del suo paese egli pensò di tornare a coltivare i suoi studi, e nella quiete della sua vita e nel chiuso della sua cameretta riprese in mano il manoscritto delle Memorie, lavoro letterario che riteneva idoneo già per la pubblicazione. Rilesse l'opera ma più non gli piacque. …Pertanto feci coraggio a me stesso, lacerai le prime bozze, non tenendone alcun conto, e fui da capo3. Tuttavia, per diversi motivi, la compilazione della seconda stesura dell'opera fu ancor più laboriosa e discontinua.
L'anno 1868 la Provincia di Lecce istituì la Commissione conservatrice dei Monumenti e di Belle Arti di Terra d'Otranto. La Commissione a sua volta nominò il Consiglio direttivo, che risultò composto dei signori: duca Sigismondo Castromediano e barone Francesco Casotti nominati dalla Provincia, Leonardo Stampacchia e Luigi G. De Simone designati dal Municipio di Lecce, Paolo Massone e Cosimo De Giorgi delegati dal Governo.
Proprio a istanza del Castromediano fu costituito il settore del Museo archeologico per la tutela, la raccolta, la conservazione, l'esposizione dei reperti e degli oggetti rari, preziosi e interessanti (il museo successivamente, l'anno 1890, fu intitolato a suo nome). Dal 1869 al 1875, egli redasse e presentò l'annuale Relazione della Commissione di Archeologia e Storia patria di Terra d'Otranto, dove esponeva ciascun anno le attività svolte e i risultati conseguiti dal Consiglio, dove riassumeva le relazioni delle indagini eseguite dagli esperti L.G. De Simone, C. De Giorgi, L. Maggiulli, dove elencava i recuperi, le provenienze, gli acquisti, i donatori.
Il Consigliere Sigismondo Castromediano espletò l'incarico con inclinazione e competenza, e procurò al Museo sviluppo e importanza. Sempre schivo e disinteressato per natura, in una lettera inviata il 1882 a L. Viola, così si espresse: «Io non sono un archeologo; amo solamente che le glorie di questa provincia siano conosciute e che i suoi monumenti non vadano dispersi.»
Il duca Castromediano dal 1869 al 1879 fu Consigliere provinciale; ed esplicando vari incarichi operò per migliorare le condizioni economiche, sociali, culturali della Terra d'Otranto; fu anche delegato alla Pubblica Istruzione e si adoperò affinché la Provincia incrementasse i vari Istituti scolastici, e dotasse le biblioteche di sempre più numerose e interessanti opere librarie, ed elargisse sussidi agli studenti bisognosi e meritevoli.
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