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Pippi De Dominicis
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Cenni biografici Pippi, diplomato disoccupato Due interessanti note di grafìa lessicale

Pippi, diplomato disoccupato

1889 - Ma in paese manca qualsiasi tipo d'industria e qualsiasi forma di commercio, dunque non ci sono possibilità d'impiego in questi settori. E, dispiaciuto in cuor suo, in se stesso va considerando: lu tata miu e lli frati mei se scurpùnanu fore alla fatìa; ièu tantu struìtu… senza nn'arte! Ièu, cu ttantu nnu diproma… senza nnu mpiecu! Nemmeno in città riesce a trovare un'occupazione adeguata al suo specifico titolo di studio né alla sua preparazione culturale.

Essendo disoccupato, Peppino, non volendo tuttavia tornare - tra la stizza dei fratelli ma con la comprensione dei genitori - ai lavori campestri, si dedica con intima soddisfazione alla poesia vernacola. A Lecce conserva qualche amicizia e, recandosi a piedi, prende a frequentare il capoluogo, allarga le conoscenze ed è accolto con simpatia al Circolo Mandolinistico; qui, tra una sonata con gli strumenti e l'altra, Peppino ha occasione di recitare il suo più recente componimento in versi.

1890 - A Cavallino, un laborioso villaggio di contadini e pastori, di artieri e bottegai, di cavapietre, muratori e carrettieri, tutti analfabeti, lu Pippi te lu Totu De Duminici dai compaesani è considerato piuttosto un infingardo, e qualche mormorazione nei suoi riguardi gli arriva all'orecchio: lu sire sou e lli frati soi fore a ffatiare te la prima arba fena a mmisa te sule, iδδu lu rande, nvece, a spàssiu. In fondo è un bravo figliolo; egli, pertanto, mosso anche da una punta di rimorso nell'animo, da privatista si presenta presso il Regio Istituto Normale di Lecce per conseguire il diploma di Maestro elementare, ma è riprovato e rimandato in disegno e in fisica. Contrariato e stizzito, a ottobre non si presenta per le prove di riparazione, e impulsivamente prende la decisione di fare il poeta. Egli sente di avere acquisito la padronanza della materia dialettale, egli è conscio d'essere capace di elevare questa a espressione poetica; e dunque quasi con impegno giornaliero si applica alla composizione di versi, su fatti concreti, su persone reali, su vari argomenti suggeriti dalla realtà quotidiana e ispirati alla verità popolare. Infatti - come il prof. D'Elia riferì - Peppino "nella vita popolare aveva intravisto esservi un mondo inesplorato, un campo non sfruttato, una messe abbondante da cogliere".

Peppino sa che nel vicino capoluogo è vivo l'interesse per le arti e per le lettere e attivamente operano diversi Circoli artistici e culturali, che raggruppano letterati, cultori e amatori delle belle arti, professionisti e intellettuali della società civile cittadina, e poiché l'umile paese natìo non può favorire le sue aspirazioni intellettuali, sceglie Lecce come sua patria d'elezione. L'accreditata Associazione Culturale "G. Giusti" accoglie e incoraggia il promettente giovane versificatore Giuseppe De Dominicis di Cavallino, al quale, dopo una vivace e briosa lettura dei suoi primi originali componimenti, assegna la pergamena di "Poeta Dialettale".

Inoltre, dal prof. Francesco D'Elia è presentato all'anziana vedova Virginia Briganti, di Lecce, e da allora abitualmente Pippi frequenta, insieme a numerosi noti professionisti e rispettive signore, il salotto mondano di donna Virginia, dove viene invitato a declamare in anteprima i versi che va componendo.

1891 - Peppino s'intende pure di modellatura e di plastica e, presentandosi qualche opportuna occasione, si adatta a fare il decoratore; tenta anche la pittura, ma solo come passatempo, e dipinge qualche quadro ad acquerello e ad olio.

Eduardo Casetti, cittadino di Cavallino, aveva ereditato dalla madre donna Costanza Castomediano l'appartamento superiore del settore sinistro dell'antico palazzo marchesale. Qui dimora con la moglie donna Giuseppina De Pascalis e i figli Costanza, Antonio e Maria, e qui ospita e assiste pure lo zio Sigismondo Castromediano, privo di una propria casa, solo e malandato in salute, il quale, per gratitudine, al caro nipote Eduardo ha trasmesso il titolo onorifico di Marchese di Caballino. Il settore posteriore destro del palazzo è occupato dal coerede barone Francesco Casotti, genero di Eduardo avendone sposato la figlia Maria. Ebbene, dietro suggerimento dello zio Sigismondo, don Eduardo e don Francesco affidano al simpatico giovane Pippi De Dominicis l'incarico di ravvivare e ritoccare le parti più deteriorate dei dipinti murali dei rispettivi appartamenti.

Peppino si sente onorato della benevolenza del duca Sigismondo e volentieri accorre alle chiamate del vecchio patriota, il quale, ormai quasi cieco, al giovane amico chiede la cortesia di leggergli e rileggergli il manoscritto delle sue tormentate Memorie dalle carceri, e a lui affida il compito di apportare le cancellature e riscrivere le correzioni, e di inserire sotto dettatura quelle nuove aggiunte che egli autore man mano suggerisce.

L'inverno si presenta in anticipo: piogge abbondanti e venti impetuosi, freddo e umidità, gelate e nebbie, costipi e influenze diffusi. Pippi si ammala gravemente. Una sera, terminata la frugale cena, Peppino si leva da tavola con qualche brivido alla schiena; gli rincresce anche di uscire come al solito per incontrare gli amici con cui fare una scopa o una primiera a carte, e preferisce restare in casa, seduto al braciere, a fumare la pipa, a inseguire i suoi pensieri.

La sorella Oronza informa le vicine: A llu Pippi miu n'à scuppiata nna free te cavallu, stae cumbinatu fiaccu e sse sta' ttime nna purmunite dòppia. Cu sta malatìa doi suntu le cose: alli sette giurni precisi, fràima o se la scampa, a ngrazie te Diu, o se nd'ae all'àutru mundu, largu nde sia, Signore.

Per questa volta l'ammalato guarisce, sicuramente per le cure del dottore don Diego Garrisi suo parente, ma specialmente per l'amorevole costante assistenza di mamma Francesca, alla quale dedicherà una toccante poesia di riconoscenza.




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