Home Page | Inizio della pubblicazione | |
Pippi De Dominicis | ||
Parte precedente: | Capitolo 6 - parte 5 | Capitolo successivo: |
Canti de l'autra vita - Uerra a mparaisu | Canti de l'autra vita - Tiempu doppu | E. Casetti: Li jersi de lu Capitanu Black |
1898 - Giuseppe De Dominicis intraprende la stesura dell'ultima sua storia dell'aldilà, che intitolò Tiempu doppu, un unico canto costituito da 354 versi raggruppati in 59 strofe sestine, i cui primi quattro versi sono legati con rima alternata e gli altri due con rima baciata.
A questa avventura finale non partecipò Pietru Lau, il protagonista delle vicende precedenti, ma fu presente, in spirito, il poeta stesso, che come testimone ne narrò la cronaca.
Io ero morto - Peppino racconta - e, chiuso nel sepolcro, sentivo la voce della mia Linda, la quale si addolorava e piangeva:
Qualcuno è solito dire che la morte non è un male, è un evento naturale da affrontare con animo tranquillo e sereno. D'accordo. Tuttavia, può affermare ciò chi è ancora sano e vegeto; ma quando la morte appare davvero… beh, allora è naturale augurarsi che essa arrivi a prenderci il più tardi possibile.
Sul far della sera, notai che la lastra tombale si discostava sopra di me, e contemporaneamente vidi davanti a me Gesù Cristo, che m'invitava a resuscitare, come Lazzaro, e a camminare; ma io risposi che preferivo non tornare sulla terra e rimanere nell'oltretomba:
La luna diffondeva la sua argentea luce nel cielo sereno, nell'aria calma e tranquilla si spandevano gradevoli odori di erbe aromatiche e tutt'intorno si effondevano delicati profumi di fiori campestri.
Mentre camminavo svagatamente, scorsi un vecchio affranto, rannicchiato accanto ad una stele tronca, e più in là notai un giovane affaticato, che reggeva una pesante croce sulla spalla. Mi avvicinai al primo cercando le parole per confortarlo ed egli mi parlò della sua beatitudine nel tempo passato e mi confidò la sua afflizione nel tempo presente; alla fine si rivelò:
Signore Iddio, - io gli suggerii - tu, che sei sapientissimo, non riesci a trovare un modo qualunque per tornare nel tuo precedente stato? Il mio consiglio fu recepito.
Ci pensammo un poco e poi decidemmo e ci attivammo. Padre e Figlio, travestiti, ed io, sconosciuto, ci presentammo alle guardie e senza alcuna difficoltà fummo accolti nella massa dei trapassati. Trovammo la folla eccitata, perché poco prima c'era stata una zuffa generale.
Bisogna ricordare che, terminata la guerra in Paradiso, appena le diverse categorie vittoriose ebbero firmato il patto di concordia, tutti quanti furono felici e contenti;
Infatti, nell'attuazione pratica delle decisioni protocollari cominciarono a sorgere le divergenze, le bramosie, le pretese, e tornarono a risuonare con tono stizzoso
Una prova immediata? Eccola. S. Antonio Abate e S. Eligio, ognuno patrono di determinate specie d'animali, vennero alle mani per certe grazie che si erano prestate e non restituite. Il primo fece tintinnare il campanaccio e subito tutti i suini accorsero in aiuto del proprio padrone; il somaro di S. Eligio fece risuonare un raglio e subito tutti gli equini intervennero a fianco del proprio protettore; s'intromisero pure parecchi Santi, alcuni amici del primo contendente e altrettanti amici del secondo. Successe uno scompiglio...
Mentre Domineddio, personalmente interessato, ed io, del tutto neutrale, assistevamo allo spettacolo mortificante, ci giunsero alle orecchie grida, minacce, bestemmie. Domandai ad un tale che cosa stesse accadendo in quell'altra parte, e quello, informato, rispose
Cose da matti! il gesuita Bernardino Realino soltanto cinque anni prima era stato canonizzato e subito i Leccesi
San Bernardino controbatté spiegando che i Leccesi l'avevano nominato coprotettore della città di Lecce perché lui, S. Oronzo, era diventato ormai vecchio e non era buono più a nulla.
e infuriato afferrò per il collo il rivale. I primi ad accorrere in aiuto del primo vescovo leccese furono S. Giusto, S. Fortunato e S. Irene; poi altri Santi e Sante anziani si schierarono dalla parte dell'antico protettore, altri Santi e Sante giovani presero le parti del recente compatrono, sicché anche questo banale alterco si mutò in un parapiglia generale.
A questo punto un Santo, abbastanza infastidito, ad alta voce fece questa considerazione: - Ecco che cosa succede nel momento in cui viene meno la Legge e l'Autorità. Quando il Signore reggeva l'universo intero, è vero, non tutto funzionava bene, proprio bene nemmeno noi stavamo; però non c'era questa baraonda… E concluse:
Domineddio, insieme con me presente alla baruffa, udito un tale giudizio, mi strizzò l'occhio e mi sussurrò:
Dopo tanti infortuni, insomma, risultò chiaro che il patto di concordia concluso tra categorie e ceti così diversi non reggeva alla prova dei fatti: abolite le leggi, annullati i poteri, dimenticate le regole, trascurate persino le buone maniere del vivere civile, si instaurarono nel mondo: il libertinaggio al posto della libertà, la disparità invece dell'eguaglianza, l'invidia e l'avversione invece della simpatia e della fratellanza, la disorganizzazione, la confusione, l'irresponsabilità, l'egoismo, l'ineducazione, la prepotenza; …una vera anarchia. Pertanto, tra i più tornò a serpeggiare la persuasione che
Questa proposta mi trovò pienamente concorde; favorevole fu anche la gran massa di gente, e allora io e altri consenzienti in poco tempo preparammo una nuova riforma istituzionale, che fu accolta e approvata all'unanimità. Quindi organizzammo grandiosi osanna e finalmente rimettemmo sul trono Dio Padre Onnipotente, il quale in breve tempo riportò l'ordine antico e restaurò la pace universale; però, allora,
Home Page | Inizio della pubblicazione | |
Pippi De Dominicis | ||
Parte precedente: | Capitolo 6 - parte 5 | Capitolo successivo: |
Canti de l'autra vita - Uerra a mparaisu | Canti de l'autra vita - Tiempu doppu | E. Casetti: Li jersi de lu Capitanu Black |